True, By Jill Kirby, tradotta da Nanyscia - nc17

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Nanyscia
view post Posted on 8/3/2007, 23:27




Uhuhuhu, l'avevo promessa, finalmente riesco a postare una prima tranche di questa ff. L'imput è semplice, cosa sarebbe successo se Thomas non fosse stato ucciso? (E chi sta pensando a Desperate Parker as a Housewives, continui a pensarlo XD). Jill Kirby ha provato a dare una risposta, e io la traduco per voi :D

Attenzione: è una nc-17 :shifty: Fanciulli, via.

True
By Jill Kirby
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1.

La casa era tranquilla, e Parker non si preoccupò di accendere le luci mentre chiudeva il portone dietro di lei. Il tramonto le dava ancora abbastanza luce da muoversi senza inciampare negli attrezzi sparsi in giro per la casa, e questo era tutto quello di cui aveva bisogno.

Era bello tornare presto e avere la casa per sé. Così bello, in realtà, che la preoccupava. Si era trasferita qui per stare con Thomas, per avere una vita normale libera dal Centro, e qui era felice di avere un po’ di tempo da sola.

Gettata la borsa e la posta sul tavolino dell’atrio, salì le scale, togliendosi i vestiti mentre andava. Nonostante fosse primavera, e il termometro mostrasse che l’Oregon si stava riscaldando, le pareva che la casa fosse più fredda di quanto non fosse mai stata, così coprirsi era l’unica strategia che le era sembrata funzionare. Una giacca sopra la camicia sopra la canottiera; ma al momento era in camera con indosso solo reggiseno e slip, e rabbrividì.

Velocemente indossò nuovi strati – un dolce vita, un altro maglione, dei jeans. Lì non c’era molto bisogno dei suoi eleganti abiti neri, della pelle, delle gonne attillate e dei tacchi alti che erano stati la sua uniforme ad est. Il suo lavoro richiedeva poco di più di business casual, anche se lei tendeva ad agghindarsi più di quanto fosse necessario. La notte, i pigiami di seta che normalmente indossava nella vecchia casa semplicemente non erano abbastanza caldi. Molto era cambiato.

Parker ritornò al piano inferiore e prese la posta mentre si dirigeva in cucina per cominciare a cenare. Niente d’interessante. La bolletta del gas, un paio di cataloghi – le solite entrate della famiglia Parker/Gates.

Prese uno dei cataloghi. Era per Thomas, un qualche genere di catalogo sull’edilizia, e reclamizzava molti attrezzi che probabilmente il Centro avrebbe potuto facilmente adattare per la tortura. Fissò la copertina per un lungo istante, le figure confuse.

Rabbrividì.

2.

Parker cercò una cena semplice: era fin troppo consapevole dei chili che aveva messo su da quando si era trasferita. Rapidamente mise insieme qualcosa mentre Thomas si cambiava gli abiti da lavoro sporchi – del tonno e un’insalata, con qualche rollè di riso in aggiunta per lui. Aveva ripreso la sua attività come restauratore; e dal momento che al lavoro si dava da fare tutto il giorno, poteva lasciarsi andare a mangiare quasi qualunque cosa volesse. Questo era meraviglioso, ad eccezione di quando portava a casa cose come Oreos o zuccherosi-croccanti-fragranti cereali che pensava lei fosse in grado di evitare. Ah.

Prendendo un altro sorso di vino (deliberatamente non pensando a quelle calorie) portò lo sguardo oltre il tavolo su Thomas, che stava raccontando un’animata storia riguardo uno dei nuovi membri della sua squadra d’operai. Era una storia divertente, e Thomas la stava raccontando con tutto il fascino e l’umorismo che l’avevano attirata a lui. Parker sentì le sue labbra sorridere, sapeva di star rispondendo in modo appropriato – ma tutto le sembrava così lontano, come se fosse stata dietro ad un vetro che attutiva ogni suono.

Realizzò con un sussulto che Thomas aveva smesso di parlare e la stava guardando con aria interrogativa. Scosse la testa. “Scusa. Sono stanca, suppongo.”
“Nessun problema. Giornata lunga?” Ingoiò un po’ di pane.

“Non più lunga del solito.” Le parole suonarono piatte, lente, ma sorrise così che le cose non deviassero in una lunga conversazione sull’appagamento del proprio lavoro. “E’ solo iniziata presto.”

Lui si sporse e fece correre dolcemente una mano giù per il suo braccio. “Questo succede quando lavori con l’Asia. Dovresti andare a riposarti. Metto a posto io.”
Dio, era così disponibile. Così comprensivo. “Non rifiuterò quest’offerta.”

Mentre Tommy metteva via i piatti, lei versò il vino rimanente nel proprio bicchiere e si diresse in soggiorno per finirlo.

3.

Avevano avuto un eccezionale vantaggio su di lui. Lei poteva sentire che erano appena ad un passo dietro di lui – era come un’inebriante, ma gelida, fitta allo stomaco, che la istigava. Parker poteva quasi sentirne l’odore, e fece segno a Sam di andare dall’altra parte dell’ingresso per coprirle le spalle mentre entrava.

“Stai indietro” sibilò a Sydney, che indugiava dietro di lei, così da vicino che il raffinato profumo del suo dopobarba le solleticavano il naso.

La pistola era fredda tra le sue mani. Il cuore stava quasi per uscirle dal petto, e sapeva che dietro quella porta c’era qualcosa – un uomo, una donna, morte, vita, eccitazione, cambiamento. Era vicina, così vicina…

E improvvisamente si ritrovò seduta nel letto, avvolta dalla calma della loro camera.
Solo un sogno, Parker.

Sì portò una mano sul viso, cercando di riprendersi. Il suo cuore stava ancora battendo ad una velocità fuori del normale, la pelle bagnata, e fece diversi respiri profondi per calmarsi. Thomas stava dormendo profondamente accanto a lei, appariva tranquillo e contento. Tutto era a posto nel suo mondo; non c’erano vecchi demoni del passato a disturbargli il sonno.

Quando il suo respiro si fu calmato, portò lo sguardo sul profilo indistinto di Thomas, sentendo una fitta di gelosia. Il semplice, onesto Tommy dormiva accanto a Parker mentre lei sognava di pistole e di cacce e si svegliava sentendosi come se scariche elettriche le stessero attraversando il corpo, mettendo ogni singola cellula all’erta. Egli conosceva solo pochi frammenti di chi lei era stata prima, di cosa aveva fatto, e del perché non avrebbe mai potuto capire completamente la donna che amava.

Dannazione.

Lasciando stare l’auto analisi, tornò a rifugiarsi sotto le coperte, a fianco di quella fonte di calore che era Thomas. Perché gli uomini generavano così tanto calore in un letto? Anche se avevano la stessa temperatura corporea delle donne, era come dormire con un altoforno. Tuttavia gli si rannicchiò vicino, con le braccia intorno a lui come se tirarlo a sé più forte avesse potuto scacciare i pensieri negativi che si aggiravano per le vie della sua coscienza.

Era stato solo un sogno.

4.

Era ancora mattina presto, e con sola mezza tazza di caffè Miss Parker aveva appena concluso il contratto che aveva promesso essere la più difficile – e più interessante- parte della giornata.

Riagganciando il telefono, Parker assaporò brevemente il gusto della vittoria. L’impeto fu però presto seguito da una stretta allo stomaco che le faceva capire che, alle sette di mattina, il suo giorno aveva già raggiunto il proprio massimo.

Con diverse lunghe sorsate finì il suo tiepido caffè, così si alzò e diresse a grandi passi alla macchinetta per il rifornimento. A quell’ora, con il padrone della compagnia all’estero, Parker era l’unica persona in ufficio. I loro assistenti non ci sarebbero stati almeno per un’altra ora. La piccola ditta d’import-export era florida, ma non aveva esattamente un grande staff. David, il proprietario, era stato fortunato a trovare Parker: fluente in Giapponese (oltre a varie altre lingue), negoziatrice brutale, e interessata più alla competizione che ad una generosa busta paga. Per lei, era un lavoro più interessante di quanto non avrebbe mai potuto sperare.

Accese il computer e si sistemò di fronte ad esso per controllare le sue e-mail. La sua casella stava per esplodere. C’erano parecchi allegati pesanti da una delle loro compagnie Malesi. Aspettò per il ricevimento, e finalmente al loro arrivo ebbe la garanzia che avrebbe passato il resto della giornata a computer. Oh, gioia. Estasi.

Ah – una mail da Sydney. La aprì con entusiasmo, scorrendola velocemente con gli occhi. Come tipico di Syd, era breve e non dava molte notizie degli affari del Centro. Lui stava bene, ed era occupato con numerose nuovi studi (i dettagli di questi non le interessavano minimamente). Broots aveva mandato i suoi saluti e voleva farle sapere che Debbie aveva ottenuto una parte recitata nella recita della scuola. Leggendo tra le righe, le fu chiaro che non avevano ancora trovato Jarod. Gli affari al Centro andavano avanti come al solito, anche senza di lei.

Ancora soprapensiero, chiuse l’e-mail e tornò a sedersi, facendo ruotare la sedia per guardare fuori dalla finestra. Lasciare il centro era ciò che aveva sempre voluto, e il solo pensiero di tornarci le dava i brividi. Era quello che voleva. Era il suo debutto in una vita normale. Aveva una casa, un uomo che la amava e che lei amava. Aveva degli amici, un lavoro, una vita. Era quello che voleva.

Si sentirono dei rumori al di là della porta, e Miss Parker istintivamente cercò la sua pistola, che però non era lì – ancora, dopo tutto quel tempo. “Buon giorno!” cinguettò Amy, la segretaria dell’amministrazione, mentre entrava nell’atrio. “Ho preso le ciambelle!”

Trasalendo, Parker guardò l’orologio. Buon Dio, erano quasi le otto e trenta. Aveva sognato ad occhi aperti tutto quel tempo?

“Miss P?” Amy s’infilò nell’ufficio di Parker, vagamente preoccupata “Tutto bene?”.

“Sto bene.” Sorridendo, scacciò via i suoi fantasmi e si alzò “C’è la glassa al cioccolato?”

5.

La settimana era corsa via riempita dal lavoro, da Thomas, dalle discussioni sul bagno ancora in ristrutturazione, e da una cena fuori con amici (Gli amici di Thomas erano molto più numerosi dei suoi; lui aveva come un dono per le amicizie che lei non aveva mai propriamente avuto). Il venerdì mattina, fu svegliata da Tommy con un bacio, lungo e passionale.

“Mmmm.” Quale modo di svegliarsi – affettuoso e rassicurante, con il suo viso appena rasato contro il suo, il gusto così familiare. Se ne staccò a malincuore. “A cosa devo quest’onore?”

“Beh, starò via tutto il weekend” mormorò. Si sentiva visibilmente in colpa ad andarsene con gli amici, anche se lei lo aveva rassicurato almeno una quindicina di volte che non le importava.

“Ah” Portò le braccia al suo collo. “Allora, stai aspettando il regalo d’addio?”
Quella mattina era in ritardo per andare a lavoro – ma non importava, con Davis ancora fuori città. In ogni caso c’era molto lavoro, e passò la maggior parte della giornata al telefono. Era passato ormai metà del pomeriggio quando fu in grado di ritornare a dedicarsi seriamente alle chiamate personali.

“No, Janis, sei molto dolce. Solo non posso.” Parker salutò Amy e quando la ragazza fu entrata nel suo ufficio, le porse un fascio di carte. Coprì il microfono del telefono. “Un Fax ad Owen. Grazie.” Ritornò alla sua conversazione telefonica. “No, non ho intenzione di starmene da sola. Avrò un sacco da fare questo weekend.

Probabilmente passerò qui buona parte del tempo.” Fece una pausa, felice che Janis non potesse vedere l’immacolata scrivania di fronte a lei. “Certamente. Ci vediamo Giovedì. Ciao.”

Parker riattaccò il telefono con un po’ più forza di quanta fosse realmente necessaria. Janis aveva un ossessivo bisogno di organizzare tutto e tutti, e poiché suo marito Bob era uno de “i ragazzi” con cui Thomas era andato via, Janis era determinata affinché “le ragazze” trascorressero insieme il weekend.

Parker non era una “ragazza”, non era mai stata una “ragazza”, e non aveva intenzione di spendere una serata con Janis e le altre mogli/fidanzate/”ragazze”. Avrebbe potuto coinvolgerla in un gruppo più grande, con Thomas nei dintorni come supporto, ma il pensiero di passare un intero sabato sera con branco di donne le faceva venire un gran mal di testa.

Amy rientrò, riportando il plico e il foglio di conferma del Fax. “Non hai intenzione di restare qui veramente, non è vero?” domandò, probabilmente preoccupata che la propria vita sociale ne risentisse. Aveva poco più di vent’anni, e ricordava vagamente a Parker una bionda Rita Hayworth, tanto aveva fortuna con gli uomini. Fortunatamente, era anche molto brava nel suo lavoro, e con il suo senso dell’umorismo era addirittura piacevole lavorarci.

Parker rise, portando le mani tra i capelli. “Assolutamente no. Stavo mentendo spudoratamente.”

Amy sorrise contenta. “Resterai da sola questo weekend? Thomas è via?”
“E’ fuori con i suoi amici. Un po’ di tempo da sola non suona così male, in realtà.”
Amy annuì, anche se non sembrava avesse veramente capito. Parker rispose al sorriso – all’età di Amy, non aveva mai avuto bisogno di passare del tempo dal sola. L’età e l’esperienza aveva fatto in modo che gli occasionali sabato sera a casa fossero i benvenuti, piuttosto che qualcosa di cui vergognarsi.

“Hey!” Amy la guardò come se la proverbiale lampadina si fosse accesa sulla sua testa “Potresti venire con noi!”

“Noi?”

“C’è un bel gruppetto di noi che va a ballare domani sera” Fece roteare gli occhi “Charlie sta diventando troppo serio.” Charlie era la sua ultima conquista “Ad ogni modo, pensavo che una notte con l’intera banda sarà divertente. E molto più facile che averlo a fissarmi stupidamente tutta la notte.”

“Fissare stupidamente non è sempre una brutta cosa” rise Parker “Grazie Amy, ma penso che me ne resterò a casa e noleggerò un film o qualcosa di simile.”

Amy alzò le spalle, e per un secondo Parker si sentì come la madre di una ragazzina. “Fa’ come ti pare. Ma se vuoi unirti a noi, saremo al Boo’s – sulla Quinta Strada. Arriveremo lì dopo le dieci.”

6.

Quella sera, Parker andò a letto alle nove, molto presto per lei, e quando si svegliò la mattina seguente sentì il proprio corpo come se non si fosse mossa di un millimetro per tutta la notte. Era strano essere nuovamente sola in un letto. Mosse un piede, tentando di risvegliare qualche muscolo. Ahi. Doveva essere esausta per aver dormito così profondamente, così a lungo – erano quasi le dieci.

Tirò la coperta fin sotto il mento, sentendosi di nuovo una bambina. Qualche minuto e sua madre avrebbe fatto capolino alla porta. “Svegliati, dormigliona! Sto preparando la colazione.”

I sabato mattina della sua infanzia significavano sciroppo, e succo d’arancia, e il viso di sua madre, bellissimo anche senza trucco nella luce del mattino, che le sorrideva come se il Centro non avesse nulla a che fare con le loro vite.
Miss Parker strizzò gli occhi, forte, tirando il lenzuolo un po’ più su. Ciò era stato molto tempo prima. Lei aveva accettato – quasi del tutto – che probabilmente non avrebbe mai avuto delle risposte su chi aveva ucciso sua madre. Forse era stato il padre di Jarod, forse no; ma sapeva che Jarod avrebbe continuato a cercare di risolvere quel mistero e che probabilmente le lo avrebbe fatto sapere, in qualche modo, qualora lo avesse risolto. Se avesse continuato la sua ossessiva ricerca di un assassino, non avrebbe mai potuto avere una vita normale. Mai. E sua madre non lo avrebbe voluto.

Jarod. Lo aveva sentito solo una volta da quando si era trasferita. Aveva mandato una meravigliosa pianta come regalo per l’inaugurazione della nuova casa; il bigliettino era breve e anonimo, ma dalla calligrafia lei lo aveva riconosciuto come suo anche in mezzo a centinaia d’altri. Congratulazioni per la tua nuova vita, Parker. Guarda al futuro.

Thomas era quello che manteneva la pianta viva e in fiore. Lei non aveva alcuna capacità con le piante d’appartamento.

Poteva semplicemente stare a letto tutto il giorno. Parker cacciò quel pensiero. C’erano cose da fare in quella vita. Commissioni e lavori di casa, altro che sprecare il tempo libero. Una volta, assumeva delle persone per fare quelle cose. Era un mondo diverso, e in quel mondo Miss Parker faceva da sola le pulizie.

Era pomeriggio inoltrato quando ritornò a casa dagli acquisti, e dopo il secondo viaggio alla macchina per prendere le ultime borse del droghiere Parker crollò sul divano, senza neanche preoccuparsi di togliersi le scarpe. Non si era ancora abituata alla quantità di cibo che un uomo avesse bisogno di avere intorno. Beh, non si era ancora abituata ad un sacco di cose.

Una cena al microonde, un film a noleggio, e alle otto era già al limite delle noia, passeggiando avanti e indietro davanti alla televisione. Aveva pensato che il film fosse una commedia, in realtà era una cosa alla Bergman, e lei non era decisamente dell’umore per un intensa auto-analisi delle emozioni.

Avanzò verso la libreria. Niente che non avesse già letto, e lei non era il tipo da rileggere un libro. C’erano dei lavoretti da fare per casa, ma non era qualcosa che le piaceva fare veramente; lo faceva solo quando c’era Tommy in giro.

Parker era annoiata, annoiata, annoiata. Ai vecchi tempi – si agitò, mentalmente e psicologicamente. Allora era allora, ora è ora, Parker.

Ma i pensieri tornavano a insinuarsi, pensieri traditori che la facevano sentir come se all’improvviso la sua pelle fosse troppo stretta per lei. Ai vecchi tempi, sarebbe stata al lavoro. Ci sarebbero stati Syd e Broots, probabilmente. Angelo sarebbe sgattaiolato per i condotti per fare una visita. Lyle sarebbe stato a imboscarsi da qualche parte, lasciando una scia viscida dietro di sé. Era un modo completamente e totalmente anormale di lavorare, di vivere.

Le mancava.

Parker si fermò, giusto di fronte a una grande finestra che dava sul rigoglioso cortile di fronte alla sua bellissima casa. La loro casa. Sua e di Thomas. Non lo aveva ancora ammesso fino a quel momento – non aveva permesso a se stessa di pensarlo – ma le mancava casa. Blue Cove, Sydney, Broots. Suo padre. Le mancavano i viaggi e l’agitazione e il potere e il pericolo che derivavano dal suo lavoro – quella sensazione costante di stare al limite di ogni cosa. Le mancava tornare in quella casa vuota e ordinare tre tipi diversi di cibo Cinese, tutto per sé, piuttosto che fare shopping. Le mancavano i luoghi di tutta una vita, luoghi riempiti di ricordi di sua madre.

I suoi sentimenti verso Thomas non erano cambiati. Si prendeva cura di lui. Lo amava. Ma quella vita non le stava dando ciò che pensava le avrebbe dato. Aveva pensato che cominciando a condurre una vita normale, questo l’avrebbe resa una persona normale. Evidentemente, le cose non erano andate così.

Premette le mani contro le tempie. Smettila, Parker. Hai fatto una scelta e devi conviverci, imparare ad amarla, perché l’alternativa è ritornare una vita che ti ha intrappolato e tormentato. Hai un uomo che ti ama, un lavoro che ti piace la maggior parte del tempo, un’abitazione bellissima che stai trasformando in una vera casa. Ogni tuo desiderio si sta realizzando.

Ed era stufa della sua maledetta mente.

L’orologio sulla mensola suonò l’ora, e Parker lo fissò, ancora con le mano contro le tempie, premendo più forte contro il cranio come se avesse potuto spingerne fuori i pensieri nascostici dentro. Erano le nove. Doveva uscire da lì, cambiare ambiente – uscire da quella diavolo di casa. Dov’è che Amy aveva detto sarebbe andata a ballare? Boo’s? Non esattamente uno di quei posti da trentenni dove lei e Thomas sarebbero potuti andare.

Perfetto.

7.

Parker era insolitamente nervosa quando arrivò al club. Lei lavorava con Amy, per non parlare di come fosse parecchi anni più vecchia d’Amy e i suoi amici. Come aprì la porta e il muro di fumo e musica la colpì, fu quasi tentata di voltarsi e correre a casa. Che cosa pensava? Era pazza, ad andare in una discoteca per stare con una banda di 25enni?

“Miss P!” Troppo tardi per svignarsela; Amy l’aveva avvistata e sembrava fosse sinceramente felice di vederla. La giovane donna si precipitò da lei, gli occhi accesi dall’eccitazione e dell’alcool, la pelle coperta da un velo di sudore prodotto da qualcosa di sicuramente superiore ad una settimana di Parker in palestra. “Ce l’ hai fatta!”. Andò un passo indietro e fece un movimento con la mano che Parker sperò fosse un complimento. “Sei veramente splendida!”.

“Grazie. Così pare.”

Amy, incoraggiata dall’adrenalina e dalla birra, afferrò Parker sottobraccio e la trascinò al loro tavolo, movendosi tra la folla con incredibile facilità. Al tavolo, presentò Parker ai presenti e richiamò l’attenzione della cameriera per altri drinks.
Gli amici d’Amy erano gentili e divertenti, e non minimamente preoccupati dalla presenza del capo di Amy. Al di sopra del frastuono della musica, Miss Parker si concentrò sul bere; i martini erano evidentemente la specialità della casa e li buttava giù velocemente, mentre erano ancora ghiacciati e le olive appena marinate. Arrivavano l’uno dopo l’altro, grazie a quegli amici di Amy. Parker si ritrovò a ridere più quanto non avesse mai fatto – Charlie era particolarmente divertente, e sembrava essere riuscito a capire che non avrebbe dovuto tenere il muso ad Amy, il che significava che chiunque stava passando il tempo piacevolmente.

Quando Miss Parker si accorse di star quasi per cadere tra le braccia di qualcuno, realizzò che probabilmente avrebbe dovuto smettere di bere. Non c’erano molti taxi in quella città, e non sarebbe stata in grado di guidare fino a casa se non si fermava ora. Quando la cameriera tornò, Parker le tirò la manica. “Jenny… “. Un marco di fabbrica, l’acme dell’ubriaco è quando conosci per nome il nome del tuo cameriere.

“Niente più martini per me. Sei a dieta?”

Jenny sorrise, mostrando un dente d’oro che Parker sperò sinceramente fosse finto. “Ci sto provando”.

Parker guardò l’orologio. In qualche modo si era arrivati ben oltre l’una di notte. La folla non era diminuita; la stanza era stracolma di gente confusa tra fumo e le luci colorate. Era l’unico luogo in città per ragazzi sulla ventina, dove bere e ballare, e sembrava che tutti gli appartenenti a quella fascia di età fosse lì quella sera. La pista da ballo era stata piena tutta la notte – un gruppo se n’era andato e un altro aveva occupato il suo posto, mantenendo l’area costantemente affollata, una pulsante, indistinguibile massa di persone.

Almeno si era vestita di nero, cosa che la abbinava perfettamente a circa il 99% delle persone lì. Improvvisamente accaldata, si tolse la giacchetta, lanciandola su una sedia. Anche alla sua età e con qualche chilo extra, pensò di sbieco, stava ancora bene con il semplice top lavorato a maglia che portava sotto. Ed era dannatamente fresco.

Amy era scomparsa da qualche parte, e Miss Parker era stata coinvolta in una non molto coerente ma molto interessante conversazione con un altro amico di Amy, Alan, che pure era lì da solo. Il suo fidanzato era fuori città, la informò con disinvoltura. Erano così coinvolti dalla conversazione che non si erano accorti che il resto del gruppo era sulla pista da ballo, e che erano praticamente soli al tavolo.

“Evidentemente, non trovano il commercio internazione tanto affascinante quanto lo vedo io.” Parker scosse la testa con falsa costernazione.

“Lo immagino”, rise Alan. “Andiamo a ballare, Parker. Liberiamoci di po’ d’alcool.”

Aveva ragione. Lui era assolutamente e completamente brillante. Lei lasciò la giacca al tavolo e, prendendo la sua mano, seguì Alan attraverso la calca in direzione di dove il gruppo era riuscito a ricavare per loro una parte della pista.

La musica non era del genere di Parker, ma era forte abbastanza perché il ritmo riuscisse a farla ballare facilmente, per quanto le parole fossero inutili (se si potevano chiamare parole). Mise da parte i ricordi delle feste della confraternita all’università, e si fece prendere dal momento. Non aveva ancora ballato in un posto come quello da quando stava lì con Thomas – lui odiava il rumore e il fumo, e ne sarebbe uscito il più velocemente possibile. Non avrebbe mai permesso a se stesso di occupare 10 centimetri di pavimento, ballando tra così tanti corpi diversi che sarebbe stato facile perdere le tracce di chi stava effettivamente ballando con lui, lasciare soli quei corpi contro cui si supponeva (o meno) di stare attaccati.

Dio, era bello, anche se non capiva esattamente come i giovani ballassero di quei tempi. Accaldati e dolci e rumorosi e anonimi, persi nella musica, solo movendosi come se non ci fosse stato un domani. Nessuna conseguenza, conti da pagare, previsioni d’ogni tipo. C’era solo la musica attraverso di lei, che la conduceva, che si combinava con i martini facendola sentire un po’ più libera, un po’ più in pace, molto più che fuori controllo. Poteva sentire ogni singola goccia di sudore scivolare lungo la schiena; era quasi del tutto bagnata. Ma non le importava niente.

Sorrise ad Alan, che ricambiò e, improvvisamente, fu portato via da un'altra delle amiche d’Amy (Sheila? Susan?) la quale aveva cominciato a ballargli attorno, ridendo. Solo non c’era abbastanza spazio per loro, e tutti dovevano lottare per trovare la propria area vitale. Dannazione, non era più abbastanza sobria da muoversi velocemente, e fu vicinissima a cadere, lottando per non farlo..

Delle mani la presero saldamente per le braccia mentre cadeva, con gran forza, contro un petto vestito di seta. Parker alzò lo sguardo, spostando i capelli dagli occhi con un movimento della testa, pronta a ringraziare l’uomo che l’aveva salvata dal cadere senza grazia sulla pista da ballo.

Era Jarod.

Sgranò gli occhi dallo shock appena incrociò quelli di lui, grandi e scuri e impassibili. Le sue mani erano ancora sulle braccia di lei, stavano immobili nel mezzo dalla pista da ballo, circondati dal movimento. Tutto quello che Parker riusciva a fare era continuare a fissarlo. Cosa diavolo ci faceva Jarod lì? Lì? Aggrappato a lei, in silenzio, con gli occhi che non lasciavano i suoi?

Avrebbe dovuto fare qualcosa, avrebbe dovuto dire.. avrebbe dovuto dirgli di togliere quelle diavolo di mani da addosso a lei. Avrebbe dovuto segnalarlo e far venire qualcuno dall’ufficio del Centro a Seattle per far riportare Jarod alla sua prigione. C’erano un migliaio di cose che avrebbe potuto fare invece che guardarlo negli occhi, respirando a stento. Non fece nessuna di queste cose.

Anzi, cominciò a ballare.

Qualunque reazione Jarod si aspettasse da lei, era chiaro che non fosse quella; riuscì a vedere la sorpresa nei suoi occhi mentre si muoveva. E, ragazzo mio, muoversi era decisamente interessante. Ballare tra la folla significava ballare a contatto con Jarod. Addosso a Jarod. Appiattita contro di lui, corpo a corpo, la seta della sua camicia sfregata contro il suo top. Sentì il sussulto del suo respiro quando il suo seno lo sfiorò, e le sue mani stringerle le braccia.

Non c’era niente cui Jarod non si sapesse adattare, Dio benedica il suo piccolo cuore di simulatore. Le sue mani scivolarono sulle sue spalle, e cominciò a muoversi con lei. Niente di grandioso, niente che gli avrebbe procurato un invito ad unirsi ad una compagnia di ballerini, ma abbastanza da uniformarlo alla folla. Il suo sguardo non la lasciava, e lei chiuse gli occhi per non dover vedere i suoi diventare anche più scuri mentre la guardavano. Non voleva pensare a cosa stessero facendo, a cosa lui stesse pensando.

Gli occhi chiusi, semplicemente in balia di lui e della musica, fece scivolare le braccia intorno alla vita di Jarod, poggiando le mani sulla sua schiena. Diavolo, se stava per ballare con Jarod, stava per ballare con un figlio di puttana. Era stata eccitata e ubriaca e confusa, ma in questo momento..

In questo momento c’erano solo le mani di Jarod che scivolavano oltre le sue braccia, giù per i suoi fianchi, facendola rabbrividire anche nel mezzo del calore della folla.

Le mani di Jarod erano poggiate su i suoi fianchi – delicatamente, non facendo nulla che non avessero il permesso di fare. Era un gentiluomo, quell’uomo. Premuroso, anche se il suo respiro era rotto dal contatto tra i loro corpi, anche se le mani di lei stavano tracciando le linee della sua schiena.

La musica cambiò in qualcosa di più lento, di più sensuale, e Jarod fece scendere le mani, fino all’altezza dei reni. Stranita dal cambiamento, gli occhi di Parker si aprirono e incontrarono i suoi – e si perse immediatamente nel suo sguardo, in ciò che lì vedeva; qualcosa dentro di se si sciolse a quella vista.

Doveva fermarsi. Tutto questo era sbagliato. Ma Thomas non l’aveva mai guardata in quel modo, con una fame sconsiderata, manifesta, viva. Non aveva mai sentito le sue mani come sentiva ora quelle di Jarod sulla schiena, scivolare sotto il suo top, la pelle ruvida delle sue mani scivolare sul suo sudore. Non aveva questo male dentro quando guardava negli occhi di Thomas.

Per quanto fosse sbagliato, non riusciva a guardare altrove.

Quando la sua bocca incontrò quella di lei, fu come un’esplosione, calda e immensa. La bocca si aprì a lui immediatamente. Oh, Dio, si era chiesta come baciasse un simulatore da adulto, e ora lo sapeva. Baciava esattamente come lei voleva essere baciata, con una fiera intensità che la spaventava e intanto la eccitava. La sua lingua, il suo sapore, poteva perdersi in ciò e non uscirne mai; sospirò impotente contro le sue labbra, portando una mano su per il suo collo, tra i suoi capelli. Lui era inzuppato di sudore quanto lei. Poteva sentirne il gusto sulla sua bocca, dolcemente salato.

Qualcuno la spinse ricordandole che avrebbero dovuto ballare. Jarod evidentemente aveva avuto lo stesso messaggio, perché aveva ripreso a muoversi, facendo scivolare le mani verso il basso e stringendola più forte a sé – come se lei avesse potuto stare ancora più vicina in questa folla. Ma il solo provarci era la sua ricompensa; lei poteva sentirlo, insistentemente attraverso i jeans.

Avrebbe dovuto fermarsi. Avrebbe dovuto allontanarsi e chiamare degli spazzini. Prendi il controllo della situazione, Parker, urlava quella dannata voce nel fondo della sua testa, suonando sconcertatamene come quella di suo padre. Prendi il controllo.

Doveva… Al diavolo, a chi importava cosa avrebbe dovuto fare. All’anima il controllo. Stava facendo quello che voleva fare.

Parker si staccò improvvisamente da Jarod, sorridendo mentre percepiva il sussultò del suo respiro alla perdita di lei. Senza spostare lo sguardo, si morse il labbro inferiore, per poi rilasciarlo con squisita lentezza, voltandosi. Come chiamavano quello che stava facendo, oltre all’essere una gran dispettosa? Ah, sì. Shimmy. Cominciò a ballare contro di lui, il corpo deliberatamente sfregato contro il suo. Le braccia di lui scivolarono intorno alla sua vita, mentre le sue mani premevano sullo suo stomaco, e le sue dita accarezzavano la pelle sotto la cintura dei suoi pantaloni. Era contro di lei, e Parker premette i fianchi su di lui. Una volta. Ancora.

Da qualche parte nel profondo della mente di Miss Parker, era pienamente consapevole che ciò che lei e Jarod stavano facendo su quella pista da ballo avrebbe potuto farli arrestare in diverse città. Invece di preoccuparsene, semplicemente si voltò e lo baciò ancora, come se avesse potuto memorizzare il suo sapore se solo lo avesse baciato abbastanza profondamente, abbastanza a lungo.

Le mani di Jarod erano sulla sua schiena, rabbrividì mentre quelle tracciavano cerchi sulla sua pelle, seguendo il movimento della sua lingua. Era come una droga, quest’uomo, la sua bocca e le mani e la musica e il caldo. Non era solo l’alcool. C’era qualcosa d’altro. Baciami, Jarod, e toccami e portami in qualche piccola stanza d’hotel che avrei certamente riempito di Pez e DSA. Buttami su un letto e fammi impazzire dal desiderio fino a prendermi, più dolcemente di una caramella e forte quanto i nostri corpi possano sopportare. Solo fai andare via questo male dentro.

Forse aveva fatto un gemito, forse aveva detto il suo nome ad alta voce. Non ne era sicura, finché Jarod non si allontanò da lei, respirando forte. La sua faccia era bagnata – dal sudore? – e lui scuoteva il capo.

Quando parlò, la sua voce suonò come se fosse stata strappatagli da qualche luogo lontanissimo dentro di lui, e non riusciva a guardarla negli occhi. “No”.

Si voltò e si perse nella folla, se ne andò prima che lei potesse anche solo pensare se voleva che restasse.

 
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view post Posted on 9/3/2007, 00:51

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wooow! Hai capito Parker... :shifty: ma e Tommy??!!
 
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IOTH
view post Posted on 9/3/2007, 12:19




grazie nany :) ...la ff promette molto bene....anche perchè se questa è solo la prima tranche :P.........
ps: non vedo l'ora di leggere il continuo.
 
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Nanyscia
view post Posted on 9/3/2007, 14:22




CITAZIONE (mary_jordan @ 9/3/2007, 00:51)
wooow! Hai capito Parker... :shifty: ma e Tommy??!!

Me lo sto chiedendo anche io.. è una delle poche cose che non mi sta piacendo di questa storia, ma come, si è fatto in quattro per portarla via di lì e lei lo ripaga così? Capisco il Martini, capisco il trentennale rapporto con lab-rat, ma ha ceduto veramente troppo presto..
CITAZIONE (IOTH @ 9/3/2007, 12:19)
ps: non vedo l'ora di leggere il continuo.

Pur io :shifty: (Perché la sto leggendo man mano che traduco :B): )

 
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view post Posted on 9/3/2007, 14:24

Geek & Cottoncandy
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In effetti è alquanto strano, un po' OC!

Ma ora hai altri parti già pronte o ci aspetta una lunga agonia? :lol:
 
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Nanyscia
view post Posted on 9/3/2007, 19:58




CITAZIONE (mary_jordan @ 9/3/2007, 14:24)
Ma ora hai altri parti già pronte o ci aspetta una lunga agonia? :lol:

Ahimè, ve tocca aspetta' un poco :B):
 
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Nanyscia
view post Posted on 10/3/2007, 13:44




Su su *paccona*

P.S. A riguardo dell'immagine che hai in firma.. ma che razza di anello ha Andrea? XD E' ENORME! xD
 
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view post Posted on 10/3/2007, 13:58

Geek & Cottoncandy
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CITAZIONE (Nanyscia @ 10/3/2007, 13:44)
P.S. A riguardo dell'immagine che hai in firma.. ma che razza di anello ha Andrea? XD E' ENORME! xD

LOL! è vero...sarà un tirapugni...! :lol:
 
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Nanyscia
view post Posted on 10/3/2007, 14:06




CITAZIONE (mary_jordan @ 10/3/2007, 13:58)
CITAZIONE (Nanyscia @ 10/3/2007, 13:44)
P.S. A riguardo dell'immagine che hai in firma.. ma che razza di anello ha Andrea? XD E' ENORME! xD

LOL! è vero...sarà un tirapugni...! :lol:

XD XD XD

... Probabile :shifty:
 
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IOTH
view post Posted on 10/4/2007, 15:19




ehi nany, a quando la seconda trance della ff su the pretender?
 
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Nanyscia
view post Posted on 10/4/2007, 22:38




Ora ;)

8.

Parker non ricordava di aver lasciato il bar o di aver guidato fino a casa, non ricordava di aver percorso le strade, parcheggiato la macchina in garage, o di essere andata a letto. Era tutto confuso, soffocato dai crudi e penosi ricordi del viso di Jarod, di come sentiva le sue mani su di lei. Quando alzò lo sguardo e realizzò di essere in camera da letto, si sentì come se si fosse svegliata da un lungo, complicato sogno. Incubo. Allucinazione.

I vestiti non riuscivano a sfilarsi mai abbastanza velocemente. Puzzavano di fumo e di sudore e di cose che non sapeva riconoscere, e abbandonò i vari pezzi in una scia dietro di sé mentre andava ad infilarsi nella doccia. Parker aprì l’acqua calda, tanto quanto potesse sopportare, lasciando che picchiasse sul suo viso.

A cosa diavolo aveva pensato? Non gli aveva detto che due parole, solo aveva cominciato a ballare, giocando a qualcosa che poteva finire in un solo modo. Beh, in questo caso, c’era stata una fine diversa – Jarod se n’era andato.

Che cosa sarebbe successo se lui fosse rimasto? Scosse la testa, e l’acqua schizzò dappertutto. Sapeva esattamente cosa sarebbe successo se lui fosse rimasto.

Dannazione.

Era Jarod ciò che veramente voleva? O era quello che lui rappresentava – la sua vecchia vita, il pericolo e l’eccitazione che vivere al limite le dava?

Era drogata d’adrenalina. Stava male. Questa vita normale la faceva sentire in trappola, immobile, la distruggeva. Cellula dopo cellula, minuto dopo un altro interminabile minuto lei stava morendo dentro. Invece d’essere felice di tutte le meravigliose cose che aveva – le cose per le quali aveva combattuto duramente pur d’ottenerle, le cose che aveva desiderato per tutta la vita – lei aveva desiderato così ardentemente una vita che invece la stava uccidendo, e che continuava a lasciarla sola e depressa la maggior parte del tempo.

Era questa la vita che sua madre voleva per lei?

L’acqua calda sul suo viso si mischiò con le lacrime di rabbia, di frustrazione, d’incertezza.

Quando finalmente uscì dalla doccia aveva probabilmente svuotato la riserva d’acqua, ma non gliene importava un accidente. Non si preoccupò neanche di infilarsi il pigiama mentre si trascinava a letto, e cadde quasi immediatamente in un lungo, profondissimo sonno.

9.

La domenica mattina, quando riaprì gli occhi, la notte precedente non era magicamente scomparsa. Dannazione, dannazione, dannazione.

Aveva visto Jarod ieri notte. Diavolo, lo aveva quasi visto nudo ieri notte. Avrebbe dovuto chiamare il Centro, chiamare papà, riaprire la porta che aveva così sottilmente chiuso.

Riusciva giusto ad immaginarselo. Pronto, il Centro? Qui è Miss Parker. Ho visto Jarod ieri notte. E dove l’ ha visto, Miss Parker? Beh, mi sono imbattuta in lui in una discoteca che si chiama Boo’s. Lui era vestito di seta, io avevo un top ricamato, e lo abbiamo quasi fatto sulla pista da ballo. Volete altri dettagli? Venite e prendetevelo!

Oh, Dio.

Questo non portava da nessuna parte, e premette le mani contro gli occhi per un breve, rabbioso secondo. Il movimento, l’attività l’avrebbero aiutata a schiarirsi le idee. Scese dal letto e si vestì velocemente, meccanicamente, non preoccupandosi di minuzie come il trucco – dei jeans, un maglione, i capelli raccolti a coda.

Avrebbe trovato qualcosa da fare per far passare in fretta la giornata, e così pensò ad un piano mentre scendeva le scale. C’erano le aiuole da piantare in vista dell’estate. C’erano dei deliziosi oggetti di legno da carteggiare, e da pitturare. Avrebbe potuto lavare il bagno. C’erano dozzine di buoni, sani lavori in cui avrebbe potuto perdersi fin tanto che Thomas non fosse tornato a casa.

Questo pensiero la bloccò nel mezzo di un bicchiere di succo d’arancia. Thomas sarebbe stato a casa stasera. Sarebbe stato entusiasta nel rivederla; l’avrebbe desiderata. Malissimo. Erano stati raramente separati da quando si erano trasferiti e a Tommy sarebbe sembrato di tornare dalla stessa donna che aveva lasciato due giorni prima. Lui non aveva idea.

Ma stasera, avrebbe fatto l’amore con Thomas? O sarebbe stata a ricordare Jarod, le sue mani che scivolavano sulla sua pelle bagnata, il suo profumo, così separato e distinto da quello di tutti gli altri sulla pista da ballo, che a pensarci ancora adesso le toglieva il respiro?

10.

Per tutta la settimana ebbe un’attenzione quasi nulla per qualsiasi cosa. Le voci sembrano un po’ attutite, i colori meno brillanti. Lei non combatteva ciò, tuttavia. Era più prudente stare lontano da quello che le succedeva intorno.

Pensò anche che Tommy l’avesse guardata stranamente una o due volte, ma lui non aveva mai detto niente e così la classificò come semplice paranoia. La tua fidanzata è stata con un altro uomo sabato sera, Mr. Gates, e tu non sospetti nulla perché sei il genere di persona che crede nel lieto fine. Non sei il genere di persona che possa pensare alla tua ragazza (che ha attraversato il paese pur di stare con te) mentre struscia il corpo sudato contro un altro uomo ed esplora le sue tonsille (oltre ad altre parti del corpo) mentre tu sei fuori città.

Non pensarci, non pensarci.

Amy evidentemente non aveva visto la sua esibizione di danza erotica, e aveva passato il lunedì a blaterare su quanto si fossero divertiti, su come tutti avevano apprezzato averla lì, su come Alan desiderasse uscire insieme per un pranzo la prossima settimana. “Devi uscire di nuovo con noi!” esclamò ad un certo punto. Miss Parker semplicemente sorrise, lo sguardo assente. Oh si, quando Reins diventerà un missionario, amica mia.

Martedì sera lei e Thomas s’incontrarono con Janis e Bob per una cena al loro ristorante Italiano preferito in centro. Thomas la lasciò di fronte al ristorante, e lei aspettò fuori mentre quello andava a parcheggiare la macchina. Aveva indosso solo un cappotto leggero, e sentiva la brezza su di sé. Incrociando le braccia, Parker rabbrividì nel freddo dell’aria della sera.

Si portò contro il muro per permettere a delle persone di passare, e con la coda dell’occhio vide una luce al neon brillare che le sembrava familiare, così familiare che il suo stomaco si contorse dolorosamente. Era la discoteca di Sabato. C’era una piccola fila di fronte, anche in un giorno della settimana, e quando la porta si aprì poté sentire la musica che esplodeva.

Arrivò Thomas e le cinse la vita. “Non è qui che ti sei incontrata con Amy e i suoi amici questo weekend?”

Distolse gli occhi da Boo’ s e guardò Thomas, che le stava sorridendo “Questo è il posto.”

Si voltarono e si diressero verso il ristorante. “Potremmo venire qua per un drink dopo cena” suggerì Thomas. “Sembra che vi siate divertiti molto.”

Oh, Tommy, non hai idea. Per una frazione di secondo tornò a sentire l’odore del fumo e del sudore del club, a sentire la bocca di Jarod nella sua, il suo sapore, e dovette fare un respiro profondo. Concentrati Parker, pensò intensamente mentre andavano incontro a Janis e Bob. Concentrati su questo posto, e su quest’uomo accanto a te, e su i tuoi amici. Concentrati sulla tua vita.

Il cibo era delizioso, il vino eccellente, e la conversazione piacevole e brillante. Tutto era meraviglioso.

Bevve un po’ troppo durante il pranzo.

Quando risalirono in macchina per tornare a casa, Thomas indicò di nuovo il Boo’s.

“Sicura di non volerti fermare per un drink?”

“Sicura.”

Il vino, insieme al movimento e al calore forniti dalla macchina, cullarono Miss Parker fino a farla cadere in uno stato di dormiveglia non appena furono sulla strada. Thomas allungò un braccio e le prese una mano. Ancora un’altra ragione per amare quest’uomo, pensò assonnata. Anche con una mano solo era un buon guidatore.

“Parker? Dormi?”

Lei sorrise, mosse leggermente il capo. “Ci sono.”

“E’ stato bello vedere Jan e Bob stasera”. Le strinse leggermente la mano.

“Mmmm.” Parlare sarebbe stata una fatica troppo grande. Thomas sembrò capire, e rimase in silenzio per il resto del viaggio, solo continuava a tenerle la mano.

Quando arrivarono a casa, Tommy andò in cucina per prendere qualcosa da bere – solo acqua per lei – e Parker di nuovo rimase in piedi di fronte alla grande finestra, stringendo le braccia intorno a sé.

Poteva vedere la sua vita mostrarsi di fronte a lei: un marito affettuoso, una casa meravigliosa, un lavoro interessante. Era quasi sicura che non avrebbe voluto bambini, Tommy lo sapeva, ma avrebbero avuto ugualmente una vita piena di soddisfazioni e amici e buone cose. Era la vita che avrebbe dovuto desiderare.

Thomas scivolò dietro di lei. Tremò quando le diede un bacio sulla fronte. “Hai freddo?” chiese, porgendole il bicchiere d’acqua.

“Un po’” ammise. Si strinse tra le sue braccia, traendo calore da lui, così solido e forte.

“Sei stata distratta tutta la settimana.” Thomas premette il viso contro i suoi capelli.
“E’ tutto apposto?”

Come poteva rassicurarlo quando neanche lei sapeva rispondersi? “Tutto apposto.”

“Bene.”

Era come la scena di una cartolina Hallmark (nota marca di cartoline n.d.T.), o una di quelle pubblicità ebeti di un qualche caffè: in piedi nella sua splendida casa, guardando il prato illuminato da una luna troppo pallida, con le braccia di un uomo che la adorava strette intorno a lei. Ci voleva solo in sottofondo una musica mielosa. Il solo problema con questo momento Hallmark era che la donna amata si sentiva come se stesse per vomitare.

Aveva tutto quello che aveva mai desiderato, ma non sapeva se ancora lo voleva.

11.

Il Venerdì mattina fu anche peggiore dei giorni che lo avevano preceduto, e quelli non erano stati particolarmente buoni. Non aiutò di certo Davis e il suo sentirsi tanto socievole, finché dopo due ore di chiacchiere ininterrotte fu assalita da un violento mal di testa e si rinchiuse in ufficio, la porta chiusa a chiave, fino a quando lo sentì andarsene per un pranzo di lavoro.

“Se n’è andato?” Parker curiosò fuori dall’ufficio.

Amy alzò le braccia in modo teatrale. “Se ne andato. Grazie a Dio. Ed è con Stu, il che vuol dire che se ne starà via per ore – se mai tornerà. Stu lo riempie sempre d’alcool.”

Al momento l’alcool non suonava come una cattiva idea. Di nuovo alla scrivania, stava seriamente pensando di strisciarvi sotto e prendersi cure del contenuto della fiaschetta che conservava in uno degli ultimi cassetti, quando sentì la porta dell’ingresso aprirsi, e una voce fuori dal suo ufficio.

“Salve. Tu devi essere Amy. Mi chiamo Jarod, sono un vecchio amico di Miss Parker.”

La testa di Parker si rialzò così velocemente che batté contro la lampada lì vicina. Forte. “Maledizione!” brontolò, massaggiandosi il cuoio capelluto. Cosa diavolo ci faceva lui qui? Jarod e Amy stavano chiacchierando nell’ingresso, Amy stava ridendo per qualcosa che lui aveva detto. Fissò il telefono – avrebbe dovuto chiamare Papà, chiamare qualcuno – ma invece fece un profondo respiro e andò verso la porta dell’ufficio.

“Jarod. Che piacere averti qui.”

Lui le fece un gran sorriso, il viso grondante d’innocente cordialità. Amy stava accanto a lui, rossa in viso e presa da una risatina nervosa. Aveva adoperato i suoi magici poteri da simulatore su di lei, e probabilmente l’aveva completamente incantata ad eccezione dei suoi maledetti canini. Se avesse passato altri cinque minuti con lei, se ne sarebbero andati anche quelli.

“Sono venuto per vedere se ti andava di uscire a pranzo.” Se fosse stato solo un po’ più amabile, gli avrebbe lanciato una sedia addosso. “E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che abbiamo parlato.” Il sottinteso era chiaro quanto i sopraccigli alzati.

Amy riportò lo sguardo su Jarod e – sì, effettivamente stava sbattendo le ciglia verso di lui. Per i fan dello sport, anche i giudici russi le avrebbero dato un 10 per questa mossa. “Da quanto tempo conosci Miss P?”

Lui riportò lo sguardo su Parker, e c’era qualcosa nei suoi occhi che smentì il tono amichevole della sua voce. “Oh, ci conosciamo da quando eravamo bambini. Siamo praticamente fratello e sorella.”

La parola ‘incesto’ lampeggiò nella sua mente. “Già, è una mia vecchia conoscenza” ringhiò Parker mentre afferrava la borsetta e si dirigeva fuori dall’ufficio seguita da Jarod. “Sarò di ritorno per le due” esclamò, realizzando solo mentre si allontanava che non aveva mai parlato ad Amy con quel tono. Era la sua vecchia voce, la sua voce al Centro, e mentre gettava un ultimo sguardo su di lei, Parker pensò che Amy pareva strana come se fosse stata appena schiaffeggiata.

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Alla prossima :D
 
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view post Posted on 10/4/2007, 22:58

Geek & Cottoncandy
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Sono venuto per vedere se ti andava di uscire a pranzo.” Se fosse stato solo un po’ più amabile, gli avrebbe lanciato una sedia addosso. “E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che abbiamo parlato.” Il sottinteso era chiaro quanto i sopraccigli alzati.

me lo immagino troppo!! ^_^ Da saltargli addosso seduta stante o da riempirlo di botte...io sceglierei la priama ^^

Cmq questa ff tocca un tema a cui a volte ho pensato anke io, ossia come potrebbe Miss Parker avere una vita normale...secondo me l'unico modo per "disintossicarsi" dal Centro sarebbe di aiutare Jarod nelle sue simulazioni in giro per il mondo...di sicuro lì l'adrenalina nn manca!


Maaaaaaaaaaaaaa, altri personaggi? :look: tipo un uomo alto-castano chiaro-occhi azzurri? :fischio:
 
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Nanyscia
view post Posted on 11/4/2007, 09:54




CITAZIONE (mary_jordan @ 10/4/2007, 23:58)
Maaaaaaaaaaaaaa, altri personaggi? :look: tipo un uomo alto-castano chiaro-occhi azzurri? :fischio:

Io non ne ho ancora traccia, ma non si sa mai.. :fischio:
 
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IOTH
view post Posted on 13/4/2007, 14:00




nany, grazie per la seconda trance della ff concordo con mary
[me lo immagino troppo!! Da saltargli addosso seduta stante o da riempirlo di botte...io sceglierei la prima ^^
].
però nany interrompi sempre sul più bello... <_< cosa sarà successo a pranzo?
 
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26 replies since 8/3/2007, 23:27   1090 views
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