Capitolo 6
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Land of enchantament
Capitolo 6
^Maledizione, se non è carino quando tiene il broncio!^
Stando sull’uscio della cucina, Parker nascose il suo sorriso dietro a una tazza di caffè mentre guardava Jarod seduto scomodo sul divano, con gli occhi incollati al proprio ventre. Non aveva detto una parola dal loro iniziale confronto nella camera.
Dopo un sorso di caffè dichiarò allegra “Mmmm… Sumatran… il mio preferito, tu lo sapevi non è vero?”. Niente.
“Andiamo, Jarod, stavo solo scherzando quando ho fatto quel commento sull’avvelenamento. Mi sento bene, veramente. Ho avuto sbornie peggiori.” Ancora niente.
“Insomma, che gioco è il tuo? Drogarmi, trascinarmi in una…” si guardò attorno … “alquanto amorevole piccola casa di campagna, e NON parlarmi? Uh-oh, penso sia il momento di contattare l’Alto commissariato per i diritti umani!”. Silenzio.
Era determinate a farlo confessare. “Sei consapevole, vero, che il RAPIMENTO è un reato?”
“Non dirlo!” esclamò improvvisante, lanciandole un’ occhiata fulminante.
Lei si mordicchiò un labbro. “Ti ha mai detto nessuno che sei meraviglioso quando ti arrabbi?”
Sorridendo compiaciuta, entrò in cucina per riempire la sua tazza. ^Ragazzo mio, questo è un ottimo caffè.^
“Così” annunciò Parker mentre ritornava sull’uscio “dal momento che posso ormai escludere ogni possibilità di conversazione, penso che mi farò un bel bagno. Sento la vasca che chiama il mio nome. A meno che, naturalmente, non ne abbia già fatto uno?” Aggrottò un sopracciglio.
“Giusto per sapere.” Aggiunse poi, per rispondere alla continua gelida ostentazione di lui “Mio dio, siamo nervosetti stamattina. Quando è stata l’ultima volta che hai dormito?”
“Oh, è facile. Quand’è che ci siamo incontrati? Quand’è stato, tre giorni fa? Be, sono tre giorni che non dormo.”
“Stai insinuando che sia colpa mia?”
“No, non lo insinuo. E’ così e basta.”
“Beh” sospirò “avresti potuto risparmiarti almeno una notte insonne rinunciando a quella buffonata dell’altra sera.”
“Ti ho detto che voglio risposte, Parker, e intendo averle.”
“Qui non c’è nessuno con quel nome.”
“Ah già…” rispose acido “Comunque nel caso stessi pensando di svignartela…”
“Lo so, Ginger finirà per passare il resto della settimana in prigione” terminò di fatto lei mentre scivolava verso il bagno. Fermandosi sull’uscio si voltò per aggiungere, “Lo sai, Jarod, se tu volevi che ti accompagnassi a Taos, tutto quello che dovevi fare era chiedere.”
“E tu avresti accettato… si certo, non sarebbe mai successo” brontolò.
“Bene, adesso penso che non lo sapremo mai, d’accordo?” commentò lei prima di chiudere la porta e chiuderla dietro di sé.
Aprì l’acqua per poi svestirsi. Togliendosi la camicia da notte, improvvisamente si sentì a disagio nello spogliarsi con Jarod così vicino a lei. ^Oh insomma Parker, lui è entrato e uscito regolarmente da casa tua per anni. Questa probabilmente non è la prima volta…^ Aggrottò le ciglia al pensiero solo per farlo seguire da uno ancora più sconvolgente. ^Non ho visto una porta all’ALTRA camera.^
Stringendosi nelle spalle, si liberò degli slip e si piegò per chiudere l’acqua. Individuò una bottiglia di bagnoschiuma profumato – gardenia – e, ridacchiando con piacere, ne spruzzò qualche goccia nell’acqua prima di immergersi. Sprofondando, mugolò soddisfatta mentre l’acqua calda avvolgeva il suo corpo e veniva inebriata dal delizioso odore.
Parker fu però riportata alla realtà da un colpo alla porta. “Cosa!”
Schiarendosi la voce Jarod disse timidamente “Mi è venuto in mente che dovrei dirti di non lasciare la porta chiusa a chiave”.
“Mi stai prendendo in giro?”
“La scorsa notte tu eri, um…” si schiarì ancora la voce “piuttosto tranquilla. Stavo pensando a eventuali effetti residui.”
Ruotando gli occhi lei lo rassicurò “Te l’ ho detto, sto bene. Non c’è bisogno di preoccuparsi, Jarod, non avrai un cadavere di cui disfarti. Prometto di non annegare.”
“Passo a controllare tra qualche minuto.. nel caso…”.
“Fantastico, giusto quello che ci voleva per un bagno rilassante!” ^Dovevi proprio fare quel commento su di lui! Dovrebbe essere già qui, proprio dietro la porta!^ Esasperata, lei velocemente si lavò corpo e capelli prima di immergersi del tutto nella vasca.
Uscì dal bagno per trovare che Jarod stava veramente lì ad aspettare. Appoggiandosi sulla spalliera del divano con le braccia incrociate e lo sguardo fisso nella direzione di lei, i loro occhi si incontrarono per un attimo prima che lui distogliesse io suoi, portandoli su una macchia sul pavimento vicino ai suoi piedi.
“Sei veramente un lavoraccio, lo sai” dichiarò lei mentre si trascinava nella camera da letto e chiudeva la porta per bene, lasciando Jarod ad assaporare l’odore di gardenia che lei di diffondeva dal bagno dietro di lei. Si meravigliò alla vista di Miss Parker così informale e intima – indossando solo la sua vestaglia, la pelle rosata per l’acqua calda, i capelli raccolti a chignon.
Rifletté un momento, seguendo con il piede sinistro un nodo particolarmente grande del parquet prima di raddrizzarsi e uscire dalla casa, con a porta che si chiudeva dietro di lui con un ponderoso ^thwap^!
* * * *
Parker aveva i suoi tempi per vestirsi. ^Mi chiedo cosa gli esperti di moda raccomandino al momento per gli ostaggi…^ Alla fine decise per un paio di pantaloni aderenti – con la chiusura laterale – neri. Per sopra optò per una canotta lavanda pallido. ^Niente reggiseno oggi.. lasciamolo soffrire^ Ridacchiò. Faceva parte del completo anche un cardigan, ma non lo indossò. ^Adesso so come fregarti, non è vero?^ Le si adattava perfettamente, come un guanto, così come i pantaloni.
Non si preoccupò altrettanto invece per le scarpe. ^Tanto non posso andare da nessuna parte!^. Si mise del profumo ^Profumo abbastanza di gardenia…^ e si truccò, per poi portare la sua attenzione su i suoi capelli bagnati. Non sapeva proprio come asciugarli ma non l’attraeva di certo l’idea di capelli umidicci per tutto il collo. I suoi capelli dovevano essere sempre perfetti e impeccabili. Pensandoci un attimo guardandosi allo specchio, prese una decisione.
* * * *
“Allora capo, qual è il programma per oggi?” chiese attraversando la porta appena aperta. Seduto su i gradini, Jarod le lanciò un occhiata sbalordita mentre lei lo raggiungeva nella veranda.
“Cosa?” Domandò lei divertita.
“I tuoi capelli!”
“Cosa c’è? Non sapevo come asciugarli così ho dovuto improvvisare. Di solito non vado in giro conciata così.”
“Non prendermi in giro!” Non credeva ai suoi occhi. Parker si era legata i capelli in due trecce; ognuna annodato con un nastro nero di raso. Continuava a fissarne i fiocchi.
Agitando una treccia gli spiegò allegramente “Complimenti a Chanel – è riuscita a ficcare dei fiocchi dentro la mia borsa dei cosmetici – il loro regalo per tutti i miei acquisti…”
I suoi occhi si lasciarono trasportare lungo i suoi informali quanto impeccabili abiti. Si chiese come ci riuscisse – a far si che ogni capo d’abbigliamento indossato le stesse così bene da indurlo a pensare che ci fosse nata. ^Quel corpo starebbe bene anche con un sacco di patate. Il suo ventre… salve ancora, è sempre un piacere. Dio, LEI è appena sotto lì… Posso vederlo… non ha freddo?
Dovrebbe mettersi un maglione o qualcos’altro… oh, Dio!” Poté sentire il suo viso arrossire così velocemente si voltò per nasconderle il suo rossore. Non fu rapido abbastanza.
“Grazie per i complimenti, Jarod. Il Cashmere mi dona, non è vero?” lo prese in giro mentre si buttava su uno dei mobili della veranda, una poltrona di vimini imbottita di cuscini. “Mmmm… comodo” dichiarò, soddisfatta che il completo così accuratamente scelto avesse raggiunto l’effetto desiderato.
Jarod aggrottò le ciglia. La giornata sarebbe stata molto lunga…
* * * *
Parker stava rovistando in un mucchio di riviste. “Cosmo, Vogue, ah… Soldier of Fortune”
“Non volevo che tu ti annoiassi così ho effettuato una selezione, riflettendo su i tuoi interessi e i tuoi hobby.”
“Intelligente, non divertente, ma intelligente.”
Con questo una lunga ora di silenzio fu rotta.
“Ho fame. Che cosa c’è per pranzo?”
“Che ne so io!”
“Scusa?”
“Ascolta: la cucina sai dov’è. Tutto funziona, il frigorifero è pieno. Fai quello che fai di solito per pranzo.”
“Chiamare Broots e ordinargli di portarmi qualcosa?” domandò lei con una vocina innocente, sbattendo le palpebre.
Le scoccò un’occhiata seccata. “Quello che fai nel weekend, a casa.”
“Di solito dormo.”
“Bene, allora non te lo impedirò.” ^Forse avrò così un po’ di pace…^.
“Così hai intenzione di farmi morire di fame… non molto simpatico da parte di un padrone di casa.”
Pensandoci un momento aggiunse, “Alla luce dell’altra notte, è consigliabile che io non salti i pasti.”
“Ti ho mai detto che spina nel fianco che sei?” brontolò Jarod mentre si alzava dal divano.
“Ora lo so!” Rise divertita mentre i suoi occhi seguivano l’infuriato uomo nella cucina.
* * * *
La testa di Parker si muoveva a ritmo mentre lei si sedeva, occhi chiusi, per ascoltare il suo lettore CD e cantare da sola. Forse, proprio forse, non sarebbe morta di noia dopo tutto. In effetti, c’erano poche possibilità che accadesse con tutti i passatempi che Jarod a suo modo le aveva procurato.
Il suo morale stava pian piano salendo, e lei stava a godersi la vista. Di solito con le sue bravate agiva per auto-difesa o in servizio di un più alto scopo, e normalmente per impartirle una lezione o darle qualche ghiotta informazione. Ma non quella volta e lui lo sapeva, lei lo sapeva, e, cosa importante, lui sapeva che lei sapeva. E, essendo lui una persona testarda, avrebbe continuato a intrattenere legami finchè niente si fosse rotto o esploso, sempre che lei glielo avesse permesso. Sorridendo alla prospettiva di una vacanza migliore delle sue più selvagge aspettative, alzò la voce di un decibel quando cominciò la canzone successiva.
*I'm not a virgin anymore!
I just thought you should know
Darlin' I been around
Yeah, I been up and down your block
In fact, I have been all over town
Down by the lake
And underneath the table in my living room
Outside by the blue, blue moon
You can call me what you will
Call me a slut
Call me a jaded pill
Darlin' I got your number now
I'm not a virgin anymore!*
Aprendo gli occhi, le prese un colpo nel vedere Jarod di fronte a lei, le braccia incrociate, la fronte corrugata.
“Dio mio, quasi mi facevi venire un attacco di cuore!” esclamò nello sfilarsi le auricolari.
“Non ho avuto tutta questa fortuna. Stavo provando ad attirare la tua attenzione per cinque minuti. Non è colpa mia se te vuoi rovinarti così. Può renderti sorda, lo sai. Quanti anni hai… sedici? Non mi sembra.”
“No, non li ho, ma posso ancora ascoltare del rock ‘n roll” rispose lei sfacciatamente.
“Simpatico… ascolti questa roba per Debbie Broots? Stai interpretando proprio un bel ruolo.”
“Signore mi aiuti, sono stata rapita da Pat Robertson!” Ruotò gli occhi. “No, non l’ascolto per Debbie. Posso trattarlo male a lavoro ma, quando si parla di quella ragazzina, ho sempre rispettato e assecondato i desideri del mio adorabile idiota.”
Scegliendo di ignorare l’importuna fitta di gelosia suscitata dall’uso del possessivo, lui commentò “Si potrebbe pensare che tu sia interessata a nutrire un differente tipo di immagine.”
“Di che diavolo stai parlando? E’ solo una canzone, Jarod… una delle tante di un CD. L’artista, beh, le sue canzoni sembrano risuonare.”
“Oh davvero” sghignazzò lui
“Perchè, Jarod, stai insinuando che io sono una sgualdrina?” lo rimbeccò lei piegando leggermente la testa.
^Come sono riuscito a cacciarmi in questo campo minato?^ “Non ho intenzione di dar peso a questa domanda con una risposta. In ogni caso, il pranzo è pronto.”
“Certo che no. E’ il tuo tipico modo di terminare una conversazione – che TU hai iniziato – quando non ti piace la direzione che sta prendendo.” Imperterrita, continuò “Lo sai, probabilmente non avrò la vita sessuale che tutti – Sydney, Broots, Papà, TE, pensiate. Diavolo, di questi tempi anche un topo di laboratorio ne ha una più attiva della mia. Chi l’avrebbe mai detto? Il mondo è proprio matto! Qual è il prossimo passo, Broots alla Playboy Mansion?” Ridacchiò.
“Vuoi pranzare o no?” Cercando disperatamente di cambiare argomento, si mise le mani ai fianchi in segno di frustrazione. Dovette sopprimere una potente voglia di scomparire.
“Va bene, va bene… non ti scaldare.” Sentendo il suo panico crescente, Parker decise di lasciar perdere; aveva fame. “Ad ogni modo, cosa c’è per pranzo? Sento un buon odore…”
* * * *
“Mmmm… dove hai imparato a fare le tortilla? No lascia perdere, non credo di volerlo sapere. Non hai intenzione di mangiare niente? Lo sai, Jarod, che un uomo non può vivere di sole PEZ.”
^Così, siamo tornati ai monologhi… sta cominciando a diventare noioso.^ Sospirando in rassegnazione, finì il suo pasto in silenzio. Ma poi, la vista di quel uomo con la coda tra le gambe seduto di fronte a lei la spingeva a provare ancora.
Osservò “Chiaramente devi riconoscere l’assurdità della situazione, trascinandomi qui e dandomi questo trattamento di silenzio me nel contempo procurandomi tutto quello di cui ho bisogno e desidero. E’ tutto fuori da ogni logica, non ha nessun senso.”
”No, non ne ha.” Ammise lui senza però guardarla.
“Vorresti parlarmene? Dai che ti costa, siamo qui e non c’è nient’altro da fare.”
“Parlare di che cosa?” Alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi per la prima volta da quando si era seduta per il pranzo. “Dopo tutto, abbiamo così tante cose di cui parlare. Potresti, per esempio, dirmi cosa veramente stai combinando e potremmo porre termine a questa assurdità immediatamente. O piuttosto, potresti compiere la tua buona azione della settimana e dirmi tutto quello che sai riguardo a dove provengo, chi sono veramente e perché LORO mi vogliono così disperatamente indietro.”
“No, non posso.”
“Significa che non lo farai.”
“Ok, hai ragione, non lo faro. Perchè non posso. E’ piuttosto difficile per una persona fornire risposte che non sono in suo possesso.”
“Quindi non abbiamo nient’altro da dirci.”
“Oh, non sono d’accordo. Potremmo parlare di quello che è successo la scorsa notte… Mi dispiace, Jarod, veramente. Da quello che posso dirti, Zoe mi sembra una brava ragazza. Certo, in effetti mi è sembrata un po’ contrariata… ma sono sicura che quando non è arrabbiata sia molto simpatica.”
Non c’era traccia di sarcasmo nella sua voce – solo gentilezza – gentilezza che fu come un coltello nel cuore di lui. Sentì ancora salire la rabbia, rabbia mista a vergogna. Non poteva sopportare il suo sguardo così a lungo così si alzo allontanandosi dal tavolo.
“Cristo, qual è il tuo problema? Chiaramente, ci è stato qualcosa l’altra notte e penso che dovremmo parlarne.”
Ridendo amaramente, Jarod si voltò verso di lei. “HA! Questo è ridicolo. Molte “situazioni” si sono presentate nel corso degli anni tra noi ma mai prima d’ora hai voluto discuterne. Non lo sai che è contro le “regole”? Certo che lo sai; lo hai scritto tu quel dannato libretto!”
“Veramente lo abbiamo scritto insieme, non è così?” replicò lei.
Se gli sguardi potessero uccidere, lei lo avrebbe ucciso prima di toccare il pavimento. A ciò seguì un gelido silenzio, intervallato solo dal rumore di Jarod che cominciava a lavare i piatti.
Avvicinandosi, Parker si offrì “Per lo meno potrei farlo io? Mi sembra giusto dal momento che tu hai cucinato. Non mi dispiace dare una mano, lo sai; è solo che se io avessi cucinato, saremmo finiti entrambi in terapia intensive… e con un sacco di spiegazioni da dare una volta ripresa conoscenza.”
Lui si voltò “Smettila! Smettila!”
Colta di sorpresa, Domandò “Smettere cosa?”
“Di essere così dannatamente tranquilla e… gentile!”
Sgranando gli occhi dalla sorpresa, lei Domandò “Preferiresti che ti ringhiassi, insultassi, minacciassi?”
“Si, lo preferirei, perché per lo meno potrei capirlo. Gesù, Parker, ti ho RAPITO!” Un senso di nausea lo pervase nel dirlo.
“Jarod, penso che dovresti sederti” Parker lo implorò “Per favore.”
Ignorando la sua richiesta lui scoppiò in un impeto d’ira “Alla veneranda età di 40 anni, sempre se, nei fatti, sia la mia vera età…” Chiuse gli occhi un momento per provare a calmarsi un attimo. “Mi prendo la mia prima vera vacanza. E chi appare? Nient’altro che la donna che passa il suo tempo a darmi la caccia come a un animale, la donna che vuole rinchiudermi per il resto della mia vita. Solo NON è lei… ma E’ lei…. Ma la VECCHIA lei… ma NON la vecchia lei perché la vecchia lei era una ragazza… ma QUESTA… LEI di certo NON E’ UNA RAGAZZA!”
^Mio Dio, sta balbettando come Broots!” Parker aveva gli occhi fissi su di lui.
“E quando questa mia spina nel fianco di materializza, lei è improvvisamente dolce e deliziosa e tutto nell’Universo sembra essere in armonia con lei. Affascina tutto l’inferno dei camerieri e dei baristi, per non parlare delle casalinghe e dei giovani aspiranti scrittori!”
^Allora quel bel ragazzo è uno scrittore, huh? Uao… aspetta un minuto!^ Pensò di interrompere Jarod per chiedergli come diavolo facesse lui a saperlo ma decise di non farlo. Che differenza faceva, dopo tutto?
”Non appari interessata per niente a catturarmi e riportarmi indietro. In effetti, non sembri interessata a molto che non a goderti la tua vacanza. Così, genio che non sono altro, ho risposto invadendo la tua privacy, avvicinandomi a te nel mezzo della notte, minacciandoti di gettarti in prigione!”
“Ok, ma non l’ hai fatto” lo interruppe.
“No, invece…” si guardò intorno “L’ ho fatto!”
“Vorresti dirmi perché?”
"No."
“Andiamo, poi ti sentirai meglio”
“No, non lo sarò.”
“Come sai che non lo sarai?”
“Perché è stupido.”
“Potrai essere un sacco di cose ma stupido non è tra queste. Te lo chiederò un’altra volta. Perché mi hai portato qui?”
“Perchè avevo bisogno di capire… capire perché mi tormentassi riguardo il fatto di non essere solo, ma non in modo sgradevole, ma scherzosamente come immagino farebbe un’amica. Avevo bisogno di sapere perché tu sembri felice di vedermi e perché hai anche FLIRTATO con me, come… ai vecchi tempi… anche se tu sapevi dannatamente bene che io ero qui con qualcuno, scopandoci ogni cinque minuti! Tu solo non sembravi…” Non poteva permettersi di completare il pensiero ne tantomeno finire la frase.
^Adesso la cosa si sta facendo interessante!^ Parker premette una mano contro le labbra per nascondere la risata che sapeva sarebbe nata malgrado i suoi tentativi migliori di soffocamento..
Emettendo qualcosa tra un gemito e un sospiro lui concluse “Mi è tutto così chiaro…”
“Cosa?” Domandò lei con un tono basso e suadente.
“Che TU, più di tutti, sei molto più allegra di quanto lo sia io in questi giorni. E, tu ne sai qualcosa, mi infastidisce non poco!” Colto il punto, Jarod batté un pugno sul tavolo, colpendo il manico di una forchetta dimenticata e scaraventandola attraverso la stanza. Con gli occhi spalancati, Parker seguì la sua traiettoria fino a quando questa atterrò in un angolo lontano.
“Sei sicuro che non vuoi che faccia i piatti?” chiese lei mentre i loro occhi si incontravano di nuovo. Un secondo dopo entrambi si sciolsero simultaneamente in una risata.
”Scopato, Jarod? Mio dio, abbiamo imparato proprio delle belle paroline da quando ci siamo buttati nel mondo!” provò a dire tra le risate mentre si muoveva per andare a recuperare la forchetta.
“Ci sono tali differenze nel linguaggio delle persone che provengono da differenti regioni, etnie, realtà economiche e sociali da restarne affascinati. Divertente, non l’avevo mai usato prima. Effettivamente lo trovo piuttosto rude.” Spiegò serio.
^Dio, se continua a essere così… dolce… avrò bisogno di un colpo di insulina.^ “Comincio a pensare di avere una cattiva influenza su di te.” Così dicendo gli lanciò la forchetta, la quale fu da lui afferrata e gettata nel lavandino.
“Sei decisamente una cattiva influenza.” Rispose lui, lanciandole un occhiata che era timida e maliziosa allo stesso tempo.
“Fuori!” indicò la porta “Penso che tu ti sia stancato abbastanza.” Con un cenno del capo e un sorriso, lui acconsentì.
“Oh, e Jarod” lo richiamò “se mai dirai ad anima viva che ho fatto una faccenda domestica, ti strapperò il cuore e te ne faro nutrire, siamo intesi?”
* * * *
Parker attraversò in punta di piedi il soggiorno, dove Jarod stava immobile sul divano con gli occhi chiusi. Non era sicura se stesse dormendo ma ad ogni modo non voleva disturbarlo. Sapeva che anche se lui si arrendeva al sonno sarebbe stato in ogni caso bene allerta; doveva sempre stare attento a quel che accedeva nei suoi dintorni. Sapeva tante cose di lui, probabilmente quasi quante ne sapeva lui su di lei.
Silenziosamente si infilò nella camera da letto, decidendo di lasciare la porta aperta dietro di lei per dissipare ogni dubbio che avesse intenzione di combinare qualcosa. Non voleva. E lui aveva veramente bisogno di riposo o sarebbe stato peggio per lei. Entrando vide un piccolo oggetto sul suo cuscino e sorrise. Era un’offerta di pace da parte di Jarod, un dono in risposta a quello da lei dato pochi giorni prima.
* * * *
“Sei riuscito a dormire alla fine?” Domandò Parker senza alzare lo sguardo quando Jarod la raggiunse nella veranda. Era ormai tardo pomeriggio.
“Un po’, almeno credo.” Rispose lui assente, distratto dalla vista della sua opera di ritocco allo smalto dei piedi. Non sembrava gradire l’operazione.
Frustrata borbottò “Per questo Dio ha creato le estetiste.”
“Via, lascia” esclamò, sedendosi accanto a lei sul divano. Lei gli lanciò un’occhiata inquisitoria mentre lui allungava una mano.
“Dammelo.” Fece cenno alla bottiglietta di smalto. Rimettendo il pennello nella bottiglietta, gliela mise rapida nel palmo aperto. Prendendolo si spostò verso l’altro capo del divano e batté dei piccoli colpi sulle proprie gambe.
^Si sta prendendo gioco di me…^
“Allora, che cosa stai aspettando?”
“Allen Funt“
“Chi?”
“Lascia perdere” sospirò, mentre si girava e stendeva le gambe sul divano, attenta a sistemare i piedi, di tutti i posti, proprio in braccio a Jarod.
Parker lo guardò con un misto di divertimento e ammirazione mentre lui delicatamente sollevava un piede e, con la concentrazione e la precisione di qualcuno che sta disarmando una testate nucleare, applicava veloce un fresco strato di smalto. ^Se solo Sydney potesse vedere questo… scommetto che l’articolo che ci scriverebbe sopra farebbe vincere a Freud un biglietto di prima classe per Vienna!^ Provò a pensare a qualcosa che la distrasse dal sentire le gambe di lui contro la pianta del piede lasciato in disparte, per non parlare di quello che era tentata di fare con quel piede. Quel che Jarod face subito dopo certamente non aiutò. Lui esaminò il suo lavoro e, soddisfatto, soffiò delicatamente sulle dita per asciugarle.
^OH MIO DIO!^
Jarod le lanciò un’occhiata interrogativa mentre lasciava un piede e sollevava l’altro. Non era stata in grado di reprimere un leggero sussulto alla sensazione del suo tiepido respiro sulle sue dita. Parker tentò di nascondere il suo sguardo sorpreso e si concentrò sul proprio respiro, pregando che non scoppiasse. Si sforzò di sorridere il più tranquillamente possibile prima che lui richiamasse la sua attenzione. ^Scommetto che il piccolo topo sa esattamente ci sta facendo… chi se ne importa?^ Mordendosi le labbra, lei attese ardentemente il momento nel quale avrebbe concluso con l’altro piede. Lui non la deluse.
Completo il suo progetto, Jarod si piegò e andò a poggiare la boccetta di smalto sul pavimento. Parker fece un movimento per alleggerirlo dei suoi piedi ma lui le fece cenno – poggiando le proprie mani sulle sue caviglie – che non era necessario. Stavano seduti in silenzio, Parker piegata all’indietro e con gli occhi chiusi, Jarod che invece stava dritto. Di tanto in tanto lui avrebbe voluto accarezzare la sua pelle, suscitandole un sorriso malizioso che neanche lui avrebbe potuto scegliere di ignorare.
Alla fine, Parker interruppe il silenzio. “Ho avuto il tuo regalo. Mi stavo chiedendo se tu abbia afferrato il significato del mio piccolo dono. Mi pare di sì.”
“E’ l’uccello ufficiale del New Mexico – un perfetto souvenir per una fanatico di PEZ” pigolò lui.
“Anche io l’ ho pensato. Ma mi riferivo al significato più profondo.”
“Una volta, nel mezzo di alcune simulazioni, sono capitato per caso su Cartoon Network e ho finito per guardarlo per 72 ore filate.”
“Perchè non sono sorpresa di sentire una cosa del genere?” Ruotando gli occhi aggiunse, “Sarà bello avere un piccolo compagno di viaggio, uno che mi capisce. Noi siamo, dopo tutto, spiriti simili… ogni giorno come quello prima mentre apriamo l’ultima spedizione dalla ‘Acme’, sempre dietro a un effimera e FASTIDIOSA preda. Hey, forse dovrei provare a lanciarti un’incudine sulla testa…”
“Questa è una delle cose che non ho mai capito – perché lui è così ostinato a seguire una strategia che, volta dopo volta, si rivela inefficace. Chiunque può vedere che un ingombrante pezzo di metallo non può rivelarsi un’arma efficace.”
“Ancora, come me, lui non impara mai veramente dai suoi errori.” Risero.
“Oh, io non direi. Sembra che tu abbia capito qualcosa.”
“Yeah, ma solo chi vivrà vedrà cosa.” Osservò enigmatica lei prima che il silenzio regnasse ancora una volta.
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