Land of Enchantament, fanfic tradotta su The Pretender [Completa]

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Nanyscia
view post Posted on 11/7/2005, 13:17




Aspettavo con ansia l'apertura di questa sezione XD
E' ormai qualche tempo infatti che mi trovo impegnata nella traduzione di una divertentissima fanfic su Jarod, Land of Enchantament, l'autrice è Ginger... per me è un genio XD Ha delle uscite che fanno morire... la fanfic è incentrata sul rapporto Jarod/parker (oh si mie belle shipper, è proprio adatta a voi XD)... Vi posto il primo capitolo (sono 16 in tutto, ne ho tradotti fin ora 6)
Ditemi cosa ne pensate

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Land of Enchantament
By Ginger
Capitolo 1

Sorridendosi come ricordava di aver fatto gli ultimi dieci giorni, Jarod prese l’ascensore diretto al piano terra. ^Hmmm forse ci vuole qualcosa di fresco da bere…^ Pensò mentre le porte si aprivano. ^Penso che andrò al bar vicino alla piscina^. Lui e Zoe si erano finalmente presi la vacanza che lui le aveva promesso prima che suo padre lo contattasse riguardo Emily e si scatenasse l’inferno. Avevano passato un periodo fantastico, divertendosi con la loro seconda gita. Essendo riusciti ad arrivare fino a Santa Fe, lui là stava tentando di trascorrere qualche giorno in un bel posticino prima che le bizzare circostanze della sua vita imponessero ancora una volta che si separassero. Il luogo non era esattamente nello stile di Jarod ma lei era così felice di essere lì che ne valeva la pena. Era la tarda mattinata del terzo giorno della loro permanenza, e lui aveva deciso di prendere una boccata d’aria mentre Zoe si faceva la doccia e si vestiva.

Passeggiando allegramente nel patio, Jarod socchiuse gli occhi al lucente sole del mattino. Prontamente i suoi occhi si adattarono, ma quello che vide lo fece fermare di botto. Tutto, incluso il suo cuore, voleva fermarsi in quel momento. ^Non può essere!^ Provò a convincersi che fosse solo uno scherzo della luce ma sapeva che non era così. Avrebbe riconosciuto quelle gambe ovunque… ce n’erano solo un paio come quelle nel mondo… ed erano lì… una sopra l’altra… lei era seduta allo sgabello del bar.

Si fece forza, aspettando da un momento a l’altro di sentire una pistola dietro le orecchie o di sentire i pugni di Sam su qualche parte del suo corpo. ^Niente…^. Si prese un momento per osservare la zona ma non percepì nessun pericolo imminente. ^Che cosa ci fa qui? E’ sola? Dov’è il resto degli Stooges*…Spazzini?^[*Nella versione originale il team formato da Parker, Sydney e Broots viene chiamato “The Three Stooges” in riferimento a un famoso gruppo comico, qui in Italia poco conosciuto ma famosissimo negli Usa. Vengono citati ampiamente nell’episodio “La prima volta di Jarod”). La sua prima tentazione fu di tornare indietro e portare se stesso e Zoe il più lontano possibile da lì – ma qualcosa lo fermava, un suono. Gli era estraneo eppure stranamente famigliare e meraviglioso, incredibilmente meraviglioso. Era un suono da sogno, si, un gran bel sogno.

^Risate… LE SUE risate!^

Stava scherzando con il barista; le sue risate erano dolci e incantevoli, e non c’era traccia dello scherno a lei solito. Inoltre c’era qualcosa di diverso nel suo aspetto – non portava il solito abbigliamento da lady di ferro. Invece era abbigliata con un grazioso vestito a fiori, sebbene all'altezza del tipico stile Parker, e un paio di sandali. Le gambe erano scoperte. Ma erano i suoi capelli che più lo sbalordivano – pettinati in quello che Jarod sapeva, grazie al periodo in cui aveva lavorato come parrucchiere a Beverly Hills, essere uno chignon francese; alcune ciocche cadevano con grazia sulla carne color avorio del suo collo nudo. Dimenticò momentaneamente dove fosse, e probabilmente anche chi fosse. Continuava a fissare la seducente bellezza, ma ultimamente molto pericolosa, della creatura davanti a lui. ^Allora...hai intenzione di stare qui come un idiota o cercare di capire quello che sta succedendo?^ Si scandì movendosi cautamente verso il bar.

“Oh, cosa ti porta a “Land of Enchantment”?”. Richiese maggior sforzo del solito forzare la sua voce nel tono famigliare di presa in giro che riservava per i loro incontri.

“Salve Jarod” rispose lei con aria indifferente, senza girarsi a guardarlo.

“Non sembri molto sorpresa di vedermi” . Si accostò con esitazione allo sgabello affianco a lei.

“Perché dovrei? Sta diventando un abitudine – Appari sempre quando non ti sto cercando… un altro per favore Sam” chiese al barista.

“Subito cara” rispose lui facendo l’occhiolino.

Lei individuò Jarod con la coda dell'occhio nel posto accanto a lei e voltandosi verso di lui “E’ un altro Sam. Non preoccuparti, l’altro l’ ho lasciato a casa” Sorrise dolcemente, un sorriso che gli ricordò la bella ragazzina che una volta conosceva. Questo lo lasciò senza fiato. Lei rapidamente si girò di nuovo. “Beh, che cosa posso fare per te? Se hai qualcuno dei tuoi giochetti, dovrai aspettare fino alla prossima settimana. Sono in vacanza”

“Cosa puoi fare per me? Ti aspetti che io creda che tu non mi abbia seguito fin qui, ma che sia solo una specie di coincidenza?”

“Divertente, e io che pensavo che fossi tu ad avermi seguito qui per… chi lo sa… tenendo conto delle cose che sei riuscito a inventarti con quel tuo strambo cervellino. Se non è così, credi quello che vuoi. E’ un paese libero. Oh, Grazie…” Aggiunse rivolta al barista mentre questi gli serviva un altro drink.

“In qualsiasi momento, Ginger” rispose lui prima di rivolgere la sua attenzione verso il nuovo arrivo “Cosa posso fare per te, amico?”

^GINGER! Aspetta… l’ ho detto ad alta voce? Dio, spero di no…^ “Oh scusami, hai detto qualcosa?”

“Ho chiesto se c’era qualcosa che possa fare per te”

“Oh si, uh, che cosa P…” Parker gli lanciò un’occhiataccia, alzando un sopracciglio. “Finché lei beve va tutto bene” ^Probabilmente non è una buona idea – ho bisogno di restare in me. Eppure, se avessi bisogno di un drink… solo qualche sorso… Inoltre, lei è chiaramente ubriaca. Oppure ha preso di recente un colpo alla testa..^ “Ehi, non c’è alcool qui!” Annunciò Jarod dopo aver fatto un sorso.

Parker sorrise e fece di si con la testa in direzione dell'uomo seduto accanto a lei, poi rivolgendosi a Sam "E' un genio, sai. Un genio fino in fondo”

“Non dire così” rispose disinteressato il barista

“Che cosa ti aspettavi, Jarod, sono le 11 di mattina! Io non ho mai cominciato così presto la mattina a bere. E tu dovresti ringraziare la tua buona stella che non…” abbassò il tono di voce e si piegò verso di lui “perché ci vuole la mente lucida e la mano ferma per mancare qualcuno a cui stai sparando, specialmente quando sei costretto a farlo ancora e ancora”

Per un momento si sentì come se la stanza stesse girando forzandolo ad afferrare con forza la sbarra per stare in equilibrio. Non che lei avesse detto chissà che rivelazione – dentro di sé aveva sempre saputo che lei mai gli avrebbe fatto del male – ma non glielo aveva mai sentito dire. Tra di loro c’erano sempre state più cose taciute che dette, molte di più. Faceva tutto parte di quel libro non scritto di regole cha avevano seguito per anni. Le regole erano state rotte poche volte, più notevolmente da lui quando le aveva mandato quel ridicolo regalo di san Valentino, ma non poteva richiamarla commettendo una trasgressione così evidente.

"Quindi....." continuò lei "Cosa stai facendo qui? Per lavoro immagino…" guardandosi intorno aggiunse "Nessuno qui sembra angosciato... mi sembrano un mucchio di ricconi in vacanza… nessuna potenziale vittima in zona”

“Beh, posso dirti una cosa, non sono qui per incontrarti!” Disse improvvisamente, la sua voce lasciava trasparire più ostilità di quella che voleva. Il barista sollevò brevemente lo sguardo dal bicchiere che stava lucidando prima di tornare di nuovo su di esso.

Jarod arrossì leggermente in risposta alla veloce occhiata di disapprovazione dell’uomo.

Nonostante il suo tono lei osservò amabilmente “Una battuta eccessiva più del solito, Jarod. Non sembra il tuo stile, a meno che…” I suoi occhi si allargarono mentre realizzava, poi si girò verso di lui, il viso divertito “Non sei solo”. Terminò il pensiero con un tono a mala pena udibile o forse non lo disse forte e scandì solo le parole, l’umorismo nei suoi occhi – quegli strumenti di tortura blu ghiaccio – un accenno di risata che sarebbe arrivata. Non poteva continuare a stare lì in piedi a guardarla, stava arrossendo sempre di più.

“Mi stai prendendo in giro?” esclamò lei di fronte a coloro che li ascoltavano da dietro il bar. "Mi prendo la mia prima vacanza Dio solo sa da quanto tempo e finisco nel bel mezzo delle vacanze del Ragazzo delle meraviglie![Un altro bel soprannome per Jarod targato Parker N.D.Nanyscia]. Solo a me può succedere..." e con esso giunse l'inevitabile scoppio di risa con la quale, nonostante lo scatto, rimase dolce e assente, nonostante il leggero alone di crudeltà. Sua sola causa sembrava essere il suo sincero divertimento per la situazione e, per ragioni che non era né propenso –né mentalmente capace- di comprendere al momento, questo provocò in Jarod l’irresistibile desiderio di stringerle il collo.

Sam ridacchiò, tanto in risposta al dolce suono delle sue risate quanto qualcos’altro, come avrebbe potuto capire il significato di quella piccola scena che aveva avuto luogo prima di lui? Anni ad osservare lo stato umano da dietro il suo bancone gli avevano insegnato una cosa: qualsiasi fosse la storia, per lui era un dovere. Mentre la donna che lui conosceva come “Ginger” lottava per riacquisire la sua compostezza lui prese il suo tovagliolo così che lei poté asciugare le lacrime che ora stavano scendendo sulle sue guance. Per la prima volta da quando lo sconosciuto si era unito a lei al bar, Sam cominciò a sentire un po’ di dispiacere per lui. Nel suo lavoro aveva visto parecchie discese all’inferno – questo era per gli annali.

“Mi dispiace Jarod… è che… è tutto.. così assurdo!” si sforzò di dire, tra una risata e l’altra

“Così tu sei veramente qui in vacanza” concesse lui tenendo però gli occhi saldamente sul suo bicchiere.

“Si, e suppongo che lo sia anche tu. E’ veramente troppo…” osservò lei scotendo il capo, dopo essere finalmente riuscita a tornare se stessa.

“Bene, allora, il prossimo passo è chiaro”

Il suo interesse aumentò, si girò verso Jarod, asciugandosi un’ altra lacrima da sotto l’occhio. “E esattamente qual è? Pensaci bene prima di rispondere perché ti avverto: dinne un'altra così e potrei farmela sotto” Sam ridacchio ancora.

Ignorando il suo tentativo di sdrammatizzare, la sua voce era piuttosto seria “Uno di noi due dovrà andarsene”

“Bé, allora arrivederci Jarod. Spero che troverai la tua prossima metà incantevole quanto questo posto”

“Veramente stavo pensando che dovresti essere te quella ad andarsene”

“Fat chance, lab rat!” [Il soprannome più ricorrente. Letteralmente “Topo di laboratorio” Inoltre ho rimasto “Fat chance” incapace di tradurlo.. se ci riuscite vi offro un cartone di vodka N.D.Nanyscia]. In risposta allo sguardo smarrito e confuso di Sam lei spiegò “E’ una lunga storia… è sufficiente dire che siamo “rivali in affari”. Io sono abbastanza capace di lasciarmi il lavoro alle spalle ma evidentemente il nostro amico qui no.”

“Così tu mi stai dicendo che non te ne andrai”

“Credo che sia il più comune significato di “fat chance”. Non sei d’accordo Sam?” Scotendo la testa, il barista fece spallucce e si girò altrove. Era un professionista – e i professionisti sanno sempre quando starne fuori.

“Io… noi siamo arrivati per prima. Solo mi sembra giusto…”

“Che cosa ti rende sicuro che tu sia arrivato per primo?” ribattè lei

“Perché non ti ho visto in giro e sai che sto sempre molto attento a chi c’è nei dintorni. Devo esserlo”

^Sempre a fare la vittima… povero Jarod…^ “Bé, che significa che non mi hai visto? Probabilmente avrete lasciato a stento la vostra stanza!” Sapeva di essere stata un po’ cattiva, ma non poteva fare a meno di prenderlo in giro almeno un po’. Questo era, dopo tutto, un’occasione unica. “Se proprio devi saperlo, Sono arrivata nel tardo pomeriggio di ieri e sono rimasta in camera un sacco di tempo. Tuttavia sto facendo da sola questa vacanza – e ci sono meno motivi per me di stare dentro” fece l’occhiolino al barista il quale sorrise brevemente prima di rispondere con una reciproca occhiata “Ah, su, diamo al ragazzo la possibilità di riprendersi”

^Ieri notte! Io, lei, noi siamo tutti nello stesso hotel… lei era qui, in questi luoghi, mentre io e Zoe stavamo.. OH MIO DIO!^ La verità era, lui e Zoe avevano deciso di “restare dentro” la sera prima. In effetti, Parker aveva ragione – avevano passato molto più tempo nella loro stanza che in altri luoghi. Tutto sembrò tornare a girargli intorno, e una leggera nausea lo costrinse a deglutire per calmarsi. ^Affrontala Jarod! Non hai fatto niente di male!^

“Allora?” Parker lo stava guardando fisso negli occhi.

“Allora cosa?”

”Non hai riposto alla mia domanda”

“Qual era?”

Con un sospiro di esasperazione lei domandò ancora “Da quanto tempo sei qui?”

“Tre giorni…” rispose distrattamente mentre si sforzava di essere, ancora una volta, impegnato nella conversazione. “Questo significa che sono arrivato prima io” aggiunse, sollevato di essere riuscito a risponderle finalmente.

“Be,non m’importa se sei qui da tre mesi, Io non andrò da nessuna parte. Per di più, sei tuo quello che pensa che questo posto non è grande abbastanza per tutti e due, quindi dovresti essere te ad andartene.”

“Questo STATO non è grande abbastanza per tutti e due e tu lo sai!”

Ridacchiando, Parker osservò “Gesù, questa suona come una delle mie frasi. Sembra che noi due oggi abbiamo mischiato il nostro solito copione. Suvvia Jarod, relax.” Poi si piegò verso di lui e gli confidò “Pistola, manette, cellulare… tutto lasciato a casa. Non sono un pericolo per te questa settimana. Hai la mia parola”

“Se lo dici te…” rimbeccò lui

“Be” sospirò lei “Io ci rinuncio. Se non riesco a convincerti è un problema tuo, non mio. Restare o andare, a me non cambia niente, ma io non andrò da nessuna parte” Con questo, lei indicò il suo bicchiere e quello di Jarod. “Mettili sul mio conto Sam. Oh, e un altro per lui – qualunque egli voglia” Il barista annuì.

“Vale lo stesso per me, Jarod. Per quanto mi stia divertendo questa piccola riunione ho un pomeriggio di shopping terapeutico dinnanzi a me. Inoltre, probabilmente non ci sarebbe nulla di buono nel venir trovata qui a parlare con un “vecchio amico” ” Lui sentì il suo sorriso ma si rifiutò di incontrare il suo sguardo. “Credo che ci rivedremo…” continuò lei “presto o tardi. Goditi il resto delle tue vacanze” Lei gli diede un’amichevole pacca sulla spalla, in risposta alla quale lui si voltò e la fissò. Lei indietreggiò lentamente portando le mani in alto e, senza un’altra parola, si voltò e si incamminò verso la porta che dava sull’ingresso. Appena prima di andarsene aggiunse “E sappi che questa tua amica ti consiglia di prendere un po’ di sole. Sembri un po’ pallido, Jarod”

Tutto era finito, così velocemente com’era cominciato. Lei se n’era andata – la sola prova del suo passaggio, una macchia di rossetto sul bicchiere appoggiato sul bancone e una debole traccia di Chanel o, per essere precisi, la scia di Chanel sapeva di lei, prolungandosi nell’aria… ^Squisito…^

“Così, che cosa hai intenzione di fare, amico?” Domandò Sam allegramente, sperando di alzare l’umore del cliente rimasto.

Voltandosi per guardarlo, Jarod rispose “Un'altro di questi sarebbe solo carino…” Il barista aspettò pazientemente che Jarod completò il suo pensiero anche se prevedeva il resto “Per favore non lasciare l’alcool fuori da questo”

“Come preferisci” sorrise nell'afferrare i bicchieri vuoti e piazzò un'altro tovagliolino da cocktail sul bancone.

“Ah sei qui testone! Mi stavo domandando dove ti fossi nascosto”

Zoe… al suono della sua voce, Jarod mandò giù il sorso di drink che aveva appena preso. La testa gli stava martellando, il drink non era molto adatto al suo stomaco. Si voltò per guardare in viso la sua compagna e, richiamando a se tutte le sue forze, riuscì a farle un sorriso di risposta. In quel momento tutto il suo pensiero era: ^Non mi sto più divertendo…^
 
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view post Posted on 11/7/2005, 15:55

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davvero un inizio niente male, ma che bella situazione per jarod e parker
ah zoe...spero faccia una brutta fine mi è sempre stata altamente antipatica...chissà perchè

CITAZIONE
Ridacchiando, Parker osservò “Gesù, questa suona come una delle mie frasi. Sembra che noi due oggi abbiamo mischiato il nostro solito copione. Suvvia Jarod, relax.”




vai vai posta il prox capitolo!

Edited by mary_jordan - 11/7/2005, 16:55
 
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Nanyscia
view post Posted on 11/7/2005, 16:11




Bene, sono contenta che ti piaccia

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Land of enchantament
By Ginger
Capitolo 2

“Così, tanto per la sicurezza dell’ hotel… trovato niente di interessante?”

Sussultando, Jarod chiuse il cassetto del comodino prima di girarsi e trovare Parker appoggiata, con una mano sul fianco, sull’uscio della camera da letto… occhiali da sole neri… i suoi capelli ora sciolti… un sorrisetto di soddisfazioni sulle labbra rosso ciliegia… positivamente devastanti. Fece l’unica cosa che aveva senso in quel momento; le sorrise ammirato di rimando.

“Beh?” chiese lei mentre tamburellava la punta delle sua dita dalla manicure perfetta sul labbro mentre attendeva la risposta di lui.

Preparandosi a parlare, Jarod sperava che lei smettesse questa sua “attività” che temeva interferisse sia sulla sua capacità di formulare correttamente dei pensieri che con la coerenza delle sue parole. Schiarendosi la voce risponde, “Non ho trovato prove che tu non stessi dicendo la verità questa mattina. Questo a meno che…” lanciò un’occhiata alla borsa sulla spalla di lei.

“Oh…” lei si spostò all’interno della stanza, togliendosi gli occhiali da sole e accendendo una luce entrando. “Sono sorpresa tu riesca a vedere qualcosa in tutto questo buio.” Si fermò ai piedi del letto, dove svuotò senza tante cerimonie il contenuto della sua borsa. Indicando alcuni degli articoli di fronte a lei, disse “Prego, sii mio ospite” prima di percorrere il pezzo di stanza che la separava da Jarod. Fermandosi a non più di due piedi da lui, gli consegnò la borsa vuota. “Meglio controllare non ci siano scompartimenti segreti.”

Fin dal momento in cui lei era entrata nella stanza, i suoi modi erano stati affabili, il suo tono dolce, l’espressione del suo viso una maschera di serenità. Lui poteva sentire il sangue pulsargli nelle tempie, e le gocce di sudore colargli sulla fronte, quando socchiuse gli occhi. La risposta di Parker a questa sfida fu quella di sgranare ulteriormente I suoi, casa che le diede un’aria incredibilmente innocente che lo colpi tanto da dargli l’impressione di bruciare. Lui ne aveva avuto abbastanza.

Lanciando via la borsa vuota, le si avvicinò e afferrò fermamente le braccia di lei all’altezza del gomito. Lei sobbalzo di sorpresa ma non disse nulla in protesta ne cercò di divincolarsi. Alzandole le braccia, le ispezionò con cura in cerca del segno di un ago prima di lasciarle cadere nuovamente lungo i fianchi. Poi mise una mano sulla spalla di lei per avvicinarla a lui, delicatamente le alza una palpebra e poi l’altra per esaminarle le pupille.

“Dio mio, Jarod, che razza di persona pensi io sia? Io ti tratto come un essere umano e tu pensi che sai fatta?” le labbra di lei curvate in un sorriso. “Credo di non poterti biasimare, dopo tutto…”

“Non deve necessariamente essere stata una cosa volontaria,” la interruppe lui afferrandola per girarla, quindi accucciandosi per controllarle il retro delle ginocchia.

“Non ci credo! Come siamo impavidi oggi… e quanto pensi di spingerti in la esattamente con questa piccolo ispezione?” Lei iniziò a ridere. “Hey, attento, soffro molto il solletico la dietro!”

“Lo so!” disse lui, desiderando di potersi rimangiare tutto non appena le parole lasciarono la sua bocca.

“Incredibile, insieme a tutte le cose di alta cultura in quella mente molto ammirata e molto desiderata, c’è un posticino per una banalità come questa.”

Con un sospiro di rassegnazione, Jarod si lasciò crollare all’indietro sul letto, restando con le mani appoggiate sulle ginocchia. Aveva trovato in qualche modo il sistema per tornare su quella via, quella che aveva già percorso una volta quel giorno, quella che lo portava direttamente alla sua umiliazione. Parker stava nuovamente impugnando un fucile da caccia; lei aveva la mappa ed era un eccellente navigatore. Si congratulo con se stresso per la metafora particolarmente appropriata.

“Quindi…” lei si giro con grazia e dopo aver calciato via i suoi sandali, si sedette accanto a lui a braccia piegate. “ORA sei soddisfatto che io non sia stata drogata dai miei ‘datori di lavoro’ – spedita contro il mio volere in una suite da seicento dollari a notte in un centro nelle incantevoli montagne di Sangre de Cristo?”

Jarod notò che indossava un anellino d’argento nel secondo dito di entrambi i piedi, quello al piede destro era semplice, a doppia banda, quello a sinistra aveva un delicato disegno in filigrana. Lo smalto rosso vino dell’alluce sinistro era scheggiato. Dopo aver trattato queste osservazioni le archiviò insieme alle molte altre cose che aveva raccolto su di lei nel corso degli anni.

Apparentemente, quando si trattava di lei, c’era sempre un immensa quantità di spazio libero in quella mente molto ammirata e molto desiderata per questo tipo di dettagli. Alzando gli occhi per guardarla in viso disse, “Devi ammettere che è piuttosto inquietante.”

“Cosa vuoi dire?”

“Cosa!? Vuoi scherzare Parker!”

“E’ GINGER per te, grazie.” Lui fece una smorfia.

“Andiamo, Jarod,” continuò lei, “devi darmi un aiutino per quanto riguarda questo. Stai parlando a qualcuno che ha continui faccia a faccia con persone che si presumevano morte e che lavora per una compagnia che, tra le alter cose, ricicla pollici umani” disse dimenando il pollice come dimostrazione pratica a sostegno delle sue parole, “Credo che questo basti ad affermare, che la mia idea di cosa è e cosa non è inquietante sia un tanterello alterata.”

“Beh, il modo in cui ti stai comportando per prima cosa. Lascia perdere, per un momento, il fatto che entrambi abbiamo deciso di prenderci una vacanza nello stesso periodo, e che siamo capitati nello stesso luogo, come giustifichi il fatto che ti stai comportando come, …. beh, come qualcuno la cui compagnia può essere tollerata …o, se posso permettermi di dirlo …addirittura cercata?”

Sorridendo alla sua precisazione lei scherzò dicendo, “Non lo so… forse mi hanno trasformata in ‘Stepford Parker’ o forse, non sono affatto la vera Parker bensì ‘fem-bot’… oh, be-have!” Allo sguardo di totale incomprensione di Jarod, aggiunse, “Fammi un favore, amico, la prossima volta che hai una serata libera, noleggiati un film o due.”

Gli occhi di Jarod la seguirono mentre si girava, raccogliendo la sua borsa e piegandosi sul letto per riempirla nuovamente. “Oh, me ne stavo quasi dimenticando. È stato un buco nell’acqua questo pomeriggio… immagino che non fossi del giusto umore per fare acquisti dopo tutto. Ma ho comprato questo.” Lei gli porse il piccolo oggetto di plastica. “Non penso di averti mai fatto un regalo prima e tu me ne hai fatti molti. Era ora, non se d’accordo?”

“E quando, esattamente, avevi in programma di darmelo?” disse lui in tono accusatorio.

“Adesso, ovviamente.” Disse lei come mettendolo come un dato di fatto. Lui si nascose il viso tra le mani.

“Cosa c’è che non va? Non dirmi che sei finalmente cresciuto abbastanza da abbandonare le PEZ?”

La sua risposta fu uno sguardo da puro omicida. Lei si batte il labbro per evitare la fuoriuscita di un’altra risata in risposta all’espressione facciale di lui.

“Cielo , non ti ho mai visto cosi turbato per uno scherzetto innocente. A quanto pare le mie “sorgenti di intelligenza” sono risultate essere più affidabili del solito oggi. Grandioso! Doveva accadere presto o tardi. Considerati fortunato che oggi che è finalmente accaduto, l’unica posta in palio era il tuo orgoglio.”

“Se è, davvero, l’unica posta in palio.”

“Non so come posso fartelo entrare in quella testaccia- io non sono un pericolo per te questa settimana! LORO non sono un pericolo per te questa settimana! LORO non sanno neppure che io sono qui! Nemmeno Sydney o Broots hanno idea alcuna di dove io mi trovi in questo momento. In ogni modo, cosa ti ha detto Freud quando lo hai chiamato?” Disse lei sollevando le sopracciglia.
Scotendo la testa e sorridendo al sentirlo nominare Jarod rispose, “Non mi è stato assolutamente di nessun aiuto.”

“Oh?”

“Ha detto che sei stata leggermente spaesata per un po’ dopo i più recenti “spiacevoli avvenimenti” ma che le cose si erano calmate notevolmente. E che al di la di tutte le apparenze tu rimani la solita vecchia Parker.”

“Al di la di tutte le apparenze? Cosa voleva dire con questo?”

“Non ha specificato… ha detto che sentiva che quelle non fossero cose che spettava a lui commentare.”

“Caro vecchio Syd… è esasperante non é vero?” sorrise lei aggiungendo “E quando ha chiesto il tuo attuale punto di vista a riguardo?”

“Sono stato evasivo.”

“Me lo immagino!” Tagliò corto lei e riprese a raggruppare I suoi effetti personali. Quando ebbe fatto si sedette vicino alla borsa e si spinse giù dal letto. Lei allungo le gambe, incrociandole alle caviglie. Jarod le lanciò un occhiata, lasciando viaggiare i suoi occhi sulla considerevole distanza che scorreva da queste all’orlo. Lei probabilmente lo aveva notato ma a lui non importava. Parker aveva ricominciato lo sconcertante tamburellare delle sue dita, sul (coso di legno) del letto questa volta, e iniziò a canticchiare delicatamente. Rimasero seduti senza parlare – lei sul letto e lui sul pavimento vicino a lei – entrambi meditando sulle complicazioni che poteva portare la permanenza di lui li.

“Ma dimmi…” Parker con clemenza ruppe il silenzio. “Programmi di prendere residenza o cosa?” Beh, non era esattamente “clemente” ma almeno il silenzio era rotto.

Con tono risoluto lui rispose, “Quello che ho in programma di fare è arrivare in fondo a questa storia.”

Alzando gli occhi al cielo lei disse, “Okay, ammetto che questa è la madre di tutte le coincidenze ma...”

“Non so nemmeno perché sento il bisogno di dirlo ma, quando si tratta di noi, non esiste questo genere di coincidenze.”

Parker si alzò dal letto e si sistemò il vestito. “Forse no, ma fino a quando non avrò prova del contrario, Ho in programma di continuare le mia vacanze come se fosse così. Finora, non ho visto niente che mi abbia infastidito eccetto un paio di massaggiatrici sadiche.” Disse, strofinandosi il retro del collo in ricordo del sussultato incontro. “Oh, e un paio di Margarita deludenti.” Sorrise lei rassicurante offrendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

Sentendo menzionare le massaggiatrici, a Jarod torno alla mente qualcuno a cui non aveva pensato per un bel po’. Non solo non aveva condiviso gli eventi della mattinata con Zoe , lui le aveva organizzato un incontro alle terme dell’ hotel per tenerla occupata e al sicuro mentre lui faceva una ‘ricognizione.’ Il suo stomaco si contorse al ricordo delle parole di lei: “Grazie, Jarod! Potrei abituarmi a farmi coccolare un po’, ma sei sicuro che non ti dispiaccia rimanere solo soletto per un po’?” Allontanando la mano di Parker, e assumendo una posizione eretta, senti l’incombente necessità di essere da qualche parte - ovunque – purché altrove.

“Devo mostratri la porta o preferisci uscire come sei entrato?” chiese lei con un tono assolutamente impassibile.

Jarod le lanciò un occhiata mentre le si avvicinava. Con un sorrisetto compiaciuto , lei lo seguì fuori dalla camera fino nella stanza principale. Lui si fermò alla porta e si giro commentando, “Interessante scelta del cognome.”

“Mi è venuto così… Ho semplicemente pensato che mi stesse bene. In ogni modo, nessuna delle persone che ho conosciuto lo sta usando in questi giorni,” rispose con un sorrisetto onnisciente.

“Ginger Russell… sembra il nome di una spogliarellista.”

“Si è cosi!” ridacchiò lei, “Cielo, vorrei averlo pensato prima di fare di lei un’arredatrice di interni. Avrebbe potuto rendere le mie vacanze più interessanti. Ho seguito molto il tuo esempio – carta di credito, patente – tutte e nove le yards. Presumo tu abbia visto I miei biglietti da visita. Adorerei avere un’opinione esperta su come li ho fatti, ma non ora.” Lei annui rivolta alla porta. “faresti meglio ad andare a prendere Zoe alla terme del hotel finché è ancora in grado di uscirci. Penso che lo staff abbia fatto il tirocinio nell’esercito serbo.” Parker rabbrividì leggermente al pensiero del luogo.

Jarod si senti come se fosse disarmato e con una pistola puntata contro. Il nome di Zoe rotolato fuori dalla labbra di lei lo aveva colpito come un bullone lampeggiante. “Intelligenza affidabile…” mormorò lui distrattamente.

“Precisamente. Non essere troppo duro con te stesso, Jarod. Mi sono guardata in giro come se non ci fosse un domani. Probabilmente dovrò dichiarare la bancarotta non appena arriverò a casa. In ogni modo, è estate – lo staff e composto per lo più da ragazzi del college, e per ragioni a me ignote ha una forte predominanza maschile. Questo mi rende insolitamente avvantaggiata.”

Parker sorrise con fare birichino. Lui lo sentì come una scossa che gli percorreva l’intera lunghezza del corpo. Senza un’altra parola, apri la porta e usci. Scotendo la sua mano, gli chiuse la porta alle spalle.

“Per una volta, una soltanto, mi piacerebbe estrapolare un “arrivederci” a quel ragazzo!”
 
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Nanyscia
view post Posted on 11/7/2005, 19:20




Land of enchantament
By Ginger
Capitolo 3

^Vorrei poter chiamare Sydney e parlare con lui di quello che sta accadendo^

Movendosi delicatamente così da non disturbarla, Jarod si mise seduto e guardò la donna che dormiva lieta accanto a lui.

^Non sarò MAI capace di parlare a Sydney di una cosa del genere^

Si dannò nel realizzare che il suo mentore non sarebbe stato capace di aiutarlo su come comportarsi dopo la sua ultima scoperta – è possibile non solo avere ma anche apprezzare una relazione di tipo sessuale con una donna, quando la tua mente è impegnata, o addirittura consumata dal pensiero di un'altra?

Dopo il suo secondo tormentato incontro del giorno, Jarod aveva fatto una lunga passeggiata per schiarirsi le idee prima di rivedere Zoe. Il suo pomeriggio era stato ben lontano dall’essere spiacevole – lei era apparsa parecchio rilassata e, bé, piuttosto vivace. Si sentiva così meravigliosamente bene ed era assolutamente determinata a condividere la sua gioia con lui.
Questo provocò in Jarod una sorta di cieco panico. Non era sicuro sul perché ma sapeva solo che, al di la delle circostanze, era una cattiva idea… un GRAN cattiva idea. E, mentre lui provava in qualche modo a respingere dolcemente le sue avances prima che loro lasciassero la cena, soprattutto per distrarla e non restare ancora abbastanza a lungo per finire nella sua stretta, si era ritrovato incastrato immediatamente dopo il loro ritorno.

L’esperienza era stata, bé, interessante per dire il minimo. Poteva sentire Zoe gemere sommessamente per lui, chiamare il suo nome, sentire il suo tocco, il suo corpo sotto di lui, sopra di lui, tutto intorno a lui. Ma non c’era ancora stato un momento, non uno, nel quale non avesse presente lo sguardo intenso di quei letali occhi blu che continuavano a lampeggiargli nella mente.

^Il suo collo nudo sotto il sole lucente… le dita che tamburellavano … oh Dio, la pelle di seta delle sue gambe… i suoi piedi nudi …quelle gambe stese che sembravano non finire mai… quella risata… quel tortuoso, straziante suono… I voglio… no, io DEVO sentirlo ancora!^

Stropicciandosi gli occhi chiusi, provò a respingere le immagini e i suoni che lo avevano assalito ancora una volta. Appoggiandosi alla testata del letto rimproverò se stesso.

^Adesso cosa, genio? Te lo dico io cosa, stai dannatamente lontano da LEI ... ancora un altro giorno e una notte ... puoi farcela! ^

Prendendosi un momento per riflettere, sospirò e si alzò dal letto, attento a non disturbare il rimanente occupante. Si infilò i suoi pantaloni e una t-shirt, poi cercò nel buio il suo cellulare e la chiave della camera prima di attraversare silenziosamente la stanza. Aprì la porta e scivolò nella hall.

Sedendosi solo sulla terrazza, Jarod guardò nelle tasche dei suoi pantaloni e si ritrovò un piccolo oggetto, il quale lui continuava a rigirarsi tra le mani.

^E’ un regalo da parte SUA…^

Si mise un paio di PEZ in bocca.

^Probabilmente aromatizzate all’arsenico!^

Ridacchiò, esaminando l’oggetto nella sua mano ancora una volta, poi chiuse il pugno intorno ad esso e se lo strinse al petto. Si strizzò gli occhi completamente schiusi gli riaprì ancora e, con una mano ancora stretta a quel suo piccolo tesoro, usò l’altra per recuperare il suo telefono dal tavolo accanto a lui, lo aprì e chiamò.

"Pronto"

"Pronto?"

"Sì, Jarod, Pronto. E’ una forma di saluto, come milioni di persone normali rispondono al telefono”

“Da quando tu ti comporti come una persona normale?"

“Non l’hai capito non è vero…” lei sospirò, aggiungendo ”senti, io non posso andare avanti con questo giochetto oggi, oh aspetta, penso che ormai sia domani. Beh, continuo a non poterlo fare, quindi a meno che tu ora non mi dica che hai appena visto un certo uomo pelato che trascina una bombola dell'ossigeno, ho paura che io ....

Jarod sentì qualcosa nella sua voce “E’ tutto ok?”

“Si, a eccezione che, bé, è l’una di notte e sono al telefono con TE – Potrei essere a fare QUESTO nel Delaware. Oh, Ginger si è rivelata avere un pessimo pancino… immagina…”

“Quanto pessimo?” Lui si sentì subito preoccupato.

“Niente che non possa gestire e che mi sono procurata da sola. Ho mangiato a mala pena la prima colazione e non ho mangiato niente altro tutto il giorno fino che non ho avuto un immenso, abbondante pasto… troppo tardi. Lo so bene e ora ne sto pagando il prezzo… Parlando della cena, eccola che arriva!"

Al click del telefono che si staccava, Jarod balzò dalla sua sedia, si voltò e andò diretto alla sua stanza. Sperò sinceramente che Zoe fosse ancora addormentata al suo rientro perché sarebbe stato più facile per lui fare quello che era determinato a fare. Se lei fosse stata addormentata lui sarebbe stato in grado di farlo senza guardarla dritta negli occhi e mentirle.

* * * *

Parker si sedette sul letto stringendosi le ginocchia e dondolandosi adagio. Era già stata una volta piuttosto male ma poteva dire che non era mai stato così. Da quando era una bambina aveva sempre odiato star male di stomaco. L’atto del vomitare la terrorizzava ancora e lei dopo aveva sempre voglia di piangere. Non lo aveva mai fatto, di sicuro, ma certo ne aveva voglia. Chiuse gli occhi per richiamare a se un immagine tranquillizzante ma fu quasi immediatamente interrotta da un gentile bussare alla porta.

“Solo un minuto, Jarod.” Disse debolmente mentre si alzava dal letto. Chiudendosi la vestaglia andò alla porta e giro la chiave prima di voltarsi ancora. Lui poté entrare e, mentre lui chiudeva la porta dietro di lui, Parker era tornata nella stessa posizione sul letto.

“Se insisti a tormentarmi giuro che ti vomito addosso” lo avvertì.

^Adesso si che suona come la MIA Parker! M… mia Parker?^

“Non venuto qui per tormentarti, sono venuto per vedere se era tutto apposto”

“Be, mi sento come un cane ma, te lo detto al telefono, non è niente che non possa gestire”
“Ne sei sicura? La tua ulcera…”

“Sono ben consapevole della mia ulcera, Jarod. Ho vissuto con lei abbastanza a lungo per sapere quando è qualcosa di serio. E questo, per quanto spiacevole, non lo è”

Spostandosi vicino al letto lui mise una borsa sul tavolino. “Ti ho portato qualcosa…”

“Oh, ragazzo…” Parker premette la sua mano sulle labbra. “Round due!” Balzò dal letto e si precipitò verso il bagno. Jarod si voltò e la seguì.

“Fuori di qui! Credimi, non devi vederlo!” Provò a urlargli contro poi cominciò a vomitare. Lui si inchinò vicino a lei e, con una mano, prese i capelli con cui lei stava lottando per tenerli indietro e, con l’altra, cominciò a carezzarle dolcemente le spalle tese.

Jarod si prese un momento per ispezionare il contenuto della tazza prima di tirare lo sciacquone. “Non sembra esserci sangue. Questo è un bene.”

“Questo è così umiliante..” Esclamò Parker mentre si asciugava le lacrime che le solcavano le guance, l’ironia della situazione le ricordarono le lacrime di risa asciugate solo un ora prima. “Non sto piangendo, lo sai. I miei occhi lacrimano sempre quando do si stomaco” Si sentì obbligata a rispondere all’occhiata di profonda compassione che le aveva lanciato Jarod.

“Lo so” rispose lui mentre afferrava una pezza e la passava sotto l’acqua fredda “e non ci sono ragioni per sentirsi umiliati. E’ non sto godendo di ciò che sta succedendo. Non potrei mai…”. Lui si voltò e la vide che aveva aggrottato un sopracciglio.

“E’ stato un sacco di tempo fa e fu solo un lieve caso di influenza.”

“Centinaia di persone muoiono d’influenza ogni anno nei soli Stati Uniti”

"Be non lo hai fatto, vero?" Lui le lanciò una smorfia mentre si accovacciava di fronte a lei e le premeva la pezza bagnata sulla fronte. Poi il suo viso diventò più serio, le sua espressione diventò qualcosa che lei non aveva mai visto prima, almeno da quando erano diventati grandi. Riflettendo un momento, realizzò che non era vero; era sempre lì, sebbene nascosto sotto uno sguardo di dolore, rabbia, sarcasmo, o solo semplice divertimento a sue spese. Lui rimase lì quel che sembrò un eternità..

Decidendo che era il momento di rompere il silenzio lei mise la sua mano sopra quella di lui e dichiarò, “Da adesso credo di potermela cavare da sola”. Dopo ciò ci fu un momento di pausa forse più lungo del necessario, poi Jarod fece scivolare via la sua mano da sotto la sua e si alzò. Questa volta era lui che le offriva aiuto e, questa volta, l’offerta fu accettata.

Lei si appoggiò al lavandino e si sciacquò la bocca prima di trascinarsi fuori dal bagno. Spegnendo la luce dietro di loro, Jarod la seguì di nuovo. Lungo il percorso lui si tolse la giacchetta che aveva indosso e la lanciò sul letto. Accorgendosi dell’azione, lei fece una smorfia con le labbra ma non disse niente. Appena entrata in camera Parker si tolse la vestaglia e si buttò sul letto.

Jarod aveva intenzione di guardare altrove, ma strano a dirsi, i suoi occhi venivano meno dal collaborare. Così lui guardava lei, Miss Parker, in un’attillata camiciola di seta nera con sottili spalline e un paio di slip, del tipo che sono un tantino alti sui fianchi. Lui guardava lei, tuttavia così da lontano, che lei gli permetteva di rimanere in vita. In verità, la donna non sembrava interessarsene molto.

^Perché sta male, idiota, e l’ultima cosa nella sua mente è, bé, quella che dovrebbe essere l’ultima nella tua!^.

Meditando su come sarebbe sopravvissuto prima che la notte finisse, Jarod raccolse la vestaglia abbandonata e l’appese nell’armadio.

“Scusami per l’abbigliamento ma non aspettavo visite per stasera.” Mormorò mentre si dimenava sotto le coperte nel tentativo di stare comoda.

“Prova a riposare” disse lui dolcemente mentre si muoveva verso il letto. “Almeno un po’". In risposta alla sua occhiata di incredulità aggiunse “Ho solo bisogno di sedermi un minuto”. Lei acconsentì e lui si sedette accanto a lei, le sentì la fronte, poi le prese il polso. “Niente febbre. Bene” riferì, usando la sua migliore voce distaccata e clinica.

Lei lo guardava silenziosa mentre si prendeva di lui, senza sollevare obiezioni. La verità era che la sua presenza era confortante. Di solito resisteva alla malattia, così come la maggior parte degli aspetti dolorosi della sua vita – sola. Si sentiva bene ad avere qualcuno che si prendesse cura di lei, anche se quel qualcuno era Jarod.

“Non penso mi lasceresti sola…” Jarod rispose stringendosi nelle spalle per poi, senza chiedere il permesso, tirandole giù le coperte fino ai fianchi. Sollevò la camicia quel che bastava, poi le palpò piano l’addome.

C’erano una dozzina o più di commenti che vorticavano nella sua mente, ma lei decise di contrastarli. Niente poteva rendere adeguatamente la totale assurdità del momento. Per di più, pensando al “gioco del dottore” e considerando il modo in cui l’aveva guardata in bagno (e ad essere sinceri anche dopo che lei aveva appena vomitato l’anima), senza menzionare il modo in cui prima le aveva guardato le gambe, così pensò meglio di portare l’attenzione sull’evidenza – e cioè che lei era mezza nuda e che loro erano soli… nella sua camera… sul suo letto. Invece lei lo guardava e basta, paralizzata dal dolce movimento delle sua mani sul suo ventre.

Convinto che non era nulla di serio, Jarod le riabbassò la camicia e pronunciò la sua diagnosi. “Indigestione. Sembra che vivrai per combattere, o dovrei dire cacciare, un altro giorno. Sono proprio fortunato.”

Parker ruotò gli occhi al suo commento. “Ti avevo detto…”

“Torno subito” Jarod balzò dal letto, lasciò la stanza e tornò con la borsa che aveva portato con se, dalla quale tirò fuori delle patatine e una bottiglia di Ginger ale e li mise sul comodino.

“Qui…” Recuperando il suo posto accanto a lei, fece scivolare un paio di patatine tra le labbra. “Solo qualcuna per iniziare. Tra un paio d’ore tu potrai provare un po’ di Ginger ale”. Le indicò con un cenno un cucchiaio di plastica. “Ti ho lasciato un’altra tazza da usare”

“Ok, dottore,” rispose lei con aria assonnata. “Ad ogni modo, quando tu hai chiamato prima, che cosa volevi?”

“Credo che avessi intenzione di tormentarti un po’” Rispose Jarod un po’ imbarazzato. Questa non era la verità. Lui l’aveva chiamata per la stessa ragione per cui lo aveva fatto innumerevoli altre volte – perché lui si sentiva turbato, e cercava conforto. Non sembrava importare che lei era il cuore della crisi attuale; lui sapeva che sentire la sua voce lo avrebbe fatto sentire meglio. Non sembrava avere nessun senso, ma in quel momento ne aveva.

“Dovresti andartene. L’ultima cosa di cui ho bisogno adesso è una lite con una fidanzata gelosa, per una volta nella mia vita che non ho fatto nulla per meritarmelo.”

^Non hai?^

“Non preoccuparti di questo. Resterò finché non adempirai alla tua promessa di riposare.” Parker aveva ragione; lui doveva andarsene. Aveva lasciato a Zoe un biglietto che diceva che non riusciva a dormire e che non voleva svegliarla così se n’era andato per una passeggiata. Se lui fosse restato via troppo a lungo lei probabilmente avrebbe cominciato a preoccuparsi e l’ultima cosa che voleva fare era disturbarla in qualche modo. Jarod si alzò e andò verso la porta della camera.

“Non mi muoverò da qui. Hai la mia parola”. Mormorò Parker mentre si voltava nel letto.

Jarod la vide rannicchiarsi sul lato sinistro, in quella che sapeva essere la sua posizione preferita per dormire. Spegnendo la luce si prese un momento di pausa sull’uscio e la osservò, rannicchiata adorabilmente nell’enorme letto. Era come se le sue gambe avessero sviluppato un cervello proprio, e ora le due non volevano muoversi. Raccolse ogni brandello di forza di volontà per voltarsi e darsi una spinta in avanti.

“Grazie Jarod” mormorò lei, la sua voce sempre più assonnata.

Provò piacere a quelle parole. Sospirando, riconobbe la regolarità alla pazzia di tutte quelle telefonate nel cuore della notte nel corso degli anni, destinate a disturbarla nel suo privato, nel suo intimo, quando lei era più vulnerabile… nel suo letto. Più spesso però era lui che era ‘turbato’ alla fine delle conversazioni. A quell’ora, lei solitamente non aveva la forza per brontolargli e il suo tono tendeva ad essere più dolce del voluto. In più di un occasione lui era stato incapace di resistere a immaginare su dove lei fosse o su cosa avesse – o non avesse – indosso. Quella sera non aveva bisogno della sua immaginazione.

Scuotendo la testa alla propria debolezza, raccolse la sua giacca, spense la lampada vicino alla porta e uscì piano dalla stanza. Mentre prendeva la strada per tornare alla sua stanza, Jarod rifletté sui fatti – o per essere più appropriati, sulle assurdità – della sua vita.

^Per Quattro anni mi sono imposto di andare LONTANO da lei. In un mondo RAGIONEVOLE avrei dovuto…^

* * * *

“Bene sei tornato. Problemi a dormire, caro? Vieni qui, conosco un modo per farti rilassare…”

Jarod premette la schiena contro la porta chi si era appena chiuso dietro di sé, le mani ancora fermamente strette alla maniglia, mentre guardava la donna nuda che si avanzava lentamente verso di lui. Lei continuava a ridurre la distanza tra loro, lui rifletteva su come scappare il prima possibile, sull’impatto che aveva avuto su di lui quello che aveva visto e fato nell’ultima ora.

Deglutì.

^Sono all’inferno!^

* * * *

“Nottataccia?” Domando Sam con voce compassionevole.

“Non hai idea” Rispose Jarod stancamente, il capo abbassato, gli occhi fissi sul bicchiere di succo d’ananas.

“Be, se può farti sentire meglio, non penso che dovresti preoccuparti su l’imbattersi in “qualcuno” stamattina. LEI si è alzata presto oggi.”

“Oh?” Jarod guardò l’uomo “L’ hai vista?”

“Sì, è venuta qui stamattina”

“E ti è sembrata… ok?” Era ancora preoccupato per lei.

Sentendo qualcuno ridacchiare dietro di lui, Jarod si voltò a guardare un giovane, uno del personale, che lottava con un ombrello mal funzionante. Alla sua occhiata indagatore, il ragazzo rispose “Mi dispiace, è solo che, bé, sono inglese e non posso aiutarti ma indicarti solamente la totale ineguatezza dell’aggettivo “ok” per descrivere il modo in cui quella donna appariva”

“Elegante” Disse Sam.

“Luminosa” aggiunse “l’inglese”.

“Meravigliosa!” proclamò allora un altro giovane, mentre balzava da dietro il bancone dove, all’insaputa di Jarod, stava rifornendo gli scaffali.

“Ok ok, ho capito” esclamò Jarod.

Non volendo inimicarsi il cliente, Sam gesticolò ai giovani e loro se ne andarono. Il barista tornò ai suoi affari lasciando l’uomo ai suoi pensieri.

Dopo un po’, Jarod disse ad alta voce “Ginger e io… noi… Credo che tutto questo sia divertente per voi. Devo sembrare piuttosto patetico ma, in mia difesa, ci sono delle attenuanti.”

“Oh ci scommetterei che ci sono” Si confidò Sam “Perché, da quello che ho sentito, ci sono molti occhi puntati su quella bella signora”.

“Che cosa vuoi dire?” Domandò Jarod con maggiore interesse.

Facendo l’occhiolino il barista rispose “Suvvia amico, se Ginger è un’arredatrice di interni io sono una showgirl di Las Vegas”

Una scossa di inquietudine lo attraversò. Il suo viso si fece serio mentre guardava determinato l’uomo. “E cosa, esattamente, te lo fa pensare?”
 
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Nanyscia
view post Posted on 12/7/2005, 19:19




Et voilà capitolo 4.. mary commenta pure qui in topic

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Land of enchatament
By Ginger
Capitolo 4

*Well, it's 3 a.m.
I'm out here riding again
Through the wicked, windin' streets of my world
I make a wrong turn, brake it
Now I'm too far gone
I got a siren on my tail
And that ain't the FINE I'm lookin' for* ..

Parker sorrise maliziosa mentre canticchiava. Erano, infatti, circa le tre di notte e, anche pensando di avere avuto una lunga giornata e di essere stata piuttosto male la notte prima, si sentiva allegra. Si sentiva così bene che aveva deciso di farsi un giretto in giro per il parco del luogo prima di ritornare nella sua camera. Non aveva per niente sonno – era su di giri dopo la sua notte fuori, essendosi ricordata che il mondo può essere un amichevole, sensuale luogo quando si è aperti all’esperienze… quando si è aperti alle buone persone.

^Dio, era bello… certo, ma ho cose più vecchie sul fondo dell’armadio!^

* * * *

Da quando lei era tornata in se, due donne, sorelle all’incirca della sua età l’avevano invitata ad unirsi a loro. Normalmente avrebbe declinato l’offerta ma non quella sera. Lei generalmente non era avvezza alla compagnia femminile ma quella volta si stava divertendo immensamente. Le vite di quelle donne – entrambe sposate con figli, alcuni pure grandi, non poteva essere più diversa della sua, tuttavia aveva trovato delle somiglianze con loro. Il mondo era pieno di donne violente anche se la maggior parte non andava in giro portandosi una 9mm…

Entrambe si assentarono brevemente, una per andare alla toilette, l’altra per chiamare il marito e ricordargli di fare qualche commissione. Lasciata sola, la sua mente tornò agli eventi della notte prima… alla sensazione del tenero tocco di Jarod sulla sua pelle nuda. Senza volerlo si fece una profonda risata. Era un suono che solo pochi – molto fortunati – avevano mai sentito. Il suo effetto sul giovane seduto di fronte a lei fu simile a quello del canto della sirena. Lui si voltò per guardarla, sorridendo timidamente e, spaventato dall’audacia della sua azione, arrossì. Era tutto incredibilmente carino; lui era incredibilmente attraente. Di fatto, lui le ricordava qualcuno… una versione più giovane di qualcuno perso nell’intervallo tra la sua (relativamente) dolce infanzia e l’amara maturità di ora… Ricambiò il sorriso.

Le sue nuove amiche ritornarono e le tre donne si scambiarono sguardi d’intesa.

^Sicuro, invita il tipo ad unirsi a voi. Potremmo provare un brivido, anche se è solo un rimpiazzo…^.

E così fece. Il giovane spostò la sua sedia accanto a lei. La Blues band cominciò a suonare e Parker fu presa dalla musica. I suoi occhi erano incollati al palco, lei poteva sentire la forte presenza maschile accanto a lei, sentire i bollori che salivano lungo il corpo del suo giovane amico. Cominciò a essere consapevole che le sue gambe stavano accarezzando le sue, entrambe mosse a tempo di musica.

La musica, il delizioso Margarita (finalmente!), e l’uomo – beh, erano una combinazione altamente inebriante.

Improvvisamente le venne in mente che stava vivendo uno di quei momenti quasi perfetti rari nella vita, o almeno nella sua. E, diversamente da altri momenti che erano guidati così pesantemente da qualcun’altro – sua madre, il suo amato Tommy e, almeno nell’infanzia, LUI (poteva finalmente ammetterlo) – quel momento era tutto su di lei. Parker stava diventando sempre più felice e provò gusto per questo.

Il ragazzo, era suo ormai, lo sapeva bene. Il momento della verità arrivò quando le sorelle comunicarono che avrebbero dovuto andarsene. Se fosse rimasta indietro, sapeva bene come sarebbe finita. Alla fine decise che non c’era modo di migliorare ulteriormente la serata e fece la sua uscita con gli altri. ^Lascialo sognare…^ Sorrise dolcemente al giovane deluso prima di rivolgersi altrove.

* * * *

“Pensi sia prudente per una piccola dolce ragazza come Ginger andare in giro da sola a quest’ora?”

^Bene, questo conclude la parte piacevole della nostra serata.^

Lei non avrebbe avuto nulla in contrario – e forse l’avrebbe anche gradita – una chiamata per salutarsi.. invece trovò irritante questa intrusione. Sperò di poter passare quello che rimaneva della sua serata in tranquilla solitudine, così non desiderò nient’altro che liberarsi di lui velocemente.

“Se ti riferisci alla scorsa notte, sono felice di comunicarti che mi sono svegliata squisitamente bene questa mattina e sono stata una bravissima ragazza tutto il giorno. Pasti leggeri e io mi sono limitata a uno… facciamo due, compresi i drinks di stasera.”

“Sono felice di sentirlo ma non sono qui per discutere delle tua salute.”

Sospirando Parker rispose “E, pensandoci, se fossi stata via almeno un altro paio d’ore avrei evitato un altro pungente scontro verbale. Penso che tu non abbia dormito per troppo tempo, e domani sarà un giorno impegnativo di viaggio e tutto”

“Grazie soprattutto a te, la maggior parte dei miei giorni sono giorni di viaggio. E lo sai che non dormo molto.” Lui si spostò tra le tenebre e si trovò davanti a lei. Si sentì addosso un’occhiata lanciata da lei grata che non avesse deciso di aspettarla nella sua stanza.

“Divertente, considerando che sei tu quello che ha preso contatto, questa è la quarta volta, in meno di 48 ore… Lo sai, Jarod, nel paradigma cacciatore/preda, quando i due si trovano nello stesso luogo, l’unico che sia giusto che se ne vada è la PREDA.”

“Bene, presumo che la verità sia che qualcuno è venuto e ha disturbato questo paradigma cacciatore/preda” La voce di Jarod tremò; era arrabbiato.

“Davvero, chi?” ^Uh-oh^

“La cacciatrice”

“Davvero, come?”

“Abbandonando la caccia e imitando il comportamento della preda.”

“Insomma, Ho adottato un nome falso per qualche giorno, qual è il questo grosso problema?”

^Di cosa dovrebbe sorprendersi? Domanda stupida, Parker, questo è Jarod. Non potrebbe cercare di comportarsi come un uomo normale? Domanda stupida, Parker, questo è Jarod.^

“Non è quello a cui mi riferivo e tu lo sai.”

“Veramente non lo so di che stai parlando ma sono sicura che vorresti finirla presto e segnarti il tuo punto. E’ tardi ormai.” Non aveva intenzione di fargliela facile. ^Dannazione, avrei dovuto venire con il tipo… al SUO posto… anche se avesse avuto la stanza sopra il garage dei genitori!^

“Maledizione Parker, la tua è una simulazione!” La disperazione nella sua voce superò la rabbia.

Parker sorrise. ^Questo potrebbe essere Divertente dopo tutto…^ “Attento a come parli, caro il mio ragazzo delle meraviglie. E difficilmente chiamerei questo una simulazione, non sono nient’altro che due giorni di lavoro fuori dal mio solito modo di fare. E’ solo una piccola cosa, un favore veramente, per un vecchio amico… a stento degna di essere menzionata al mio capo…”

“Oh, adesso prendiamo in giro il CAPO?” Si avvicinò ancora di più a lei, ora poteva sentirne il respiro sul viso.

“Cosa c’è di sbagliato? Ho violato qualcuna delle regole? Non hai intenzione di chiedere i danni per il copyright infranto, non è vero?”

“Non è uno scherzo, Parker. Quel tipo ad Albuquerque… ha una carriera criminale ed è estremamente pericoloso.”

“Oh si, comunque adesso lui è in carcere così non dovrai preoccuparti della tua cara piccola testolina”

“Non hai neanche la tua pistola con te!”

“Oh, per favore Jarod. Non solo è assurdo, ma anche oltraggioso per te parlare di questo. Questo è il “selvaggio” West; si vendono pistole nei distributori automatici ormai. Se ne avessi bisogno, potrei prenderne una. Ora però non ne ho bisogno.” Facendo l’occhiolino e un sorriso aggiunse “La mia 9mm non è l’unica arma del mio arsenale”. Parker fu sorpresa di essere in grado di cogliere il viso di Jarod arrossire con la scarsa illuminazione che c’era. “Spero che dopo non gli sia venuto un infarto – immagina poi come spiegare l’accaduto al Triumvirato!”

“Che c’è, l’inferno è entrato in te?” Domandò lui. Nonostante tutto quello che era già capitato prima, lui non riusciva a ricordare di essere mai stato così arrabbiato on lei. In più non sapeva neanche dire esattamente il perché lo fosse.

Parker istintivamente fece un passo indietro. “Potrei chiederti la stessa cosa. Ma comunque, probabilmente in questi giorni starai pensando per lo più con il tuo “Piccolo Jarod” e sono pronta a scommettere i miei ultimi centesimi che lui non ha il tuo stesso cervello.” Lei ridacchiò, si voltò, e si rivolse veloce verso gli edifici. Per quanto fosse stata interessata la conversazione, questa era finita. “Buonanotte”.

Lui rimase senza parole a guardarla andare via da lui, colpito e imbarazzato dal suo ultimo commento. ^Che diavolo sta succedendo? Era molto più facile quando aveva la testa nel gabinetto^ Continuò a fissarla a lungo, la silhouette snella crescere con la distanza, la seta del suo vestito ondeggiare alla brezza notturna, carezzando le sue gambe mentre camminava. ^Oh no non devi… non ancora!^ Si lanciò dietro di lei.

Sentendo il calore di Jarod dietro le sue spalle, Parker sospirò esasperata mentre raggiungeva l’area del patio. “Quale parte di ‘buonanotte’ non hai capito?”

“La parte dove tu non riesci a dirmi che diavolo sta succedendo veramente qui.”

“Ti ho detto tutto ciò che ti riguarda.”

“No, non credo proprio Parker!”

“Abbassa la voce e smettila di chiamarmi così. Siamo giusto fuori l’atrio per l’amor di dio!” Voleva seriamente chiudere in discorso lì.

“Miss Parker forse non è molto disponibile a darmi un po’ del suo tempo, ma penso che GINGER sia più disponibile a una breve chiacchierata.” Facendo scorrere nella sua mente le immagini di tutte le cose che lei gli aveva fatto, Jarod fu in grado di recuperare abbastanza controllo per produrre quell tono che aveva usato per tormentarla negli ultimi quattro anni. ^Uomo, questo è molto più difficile di qualunque simulazione…^

Parker si fermò di botto e chiuse gli occhi. ^Figlio di put…^ Un sorriso sarcastico passò veloce tra le sue labbra prima che lei lentamente si voltasse a guardarlo. Col viso inespressivo, chiese con voce piatta “Insomma, a che genere di strano e contorto gioco stiamo giocando oggi, Ratboy?”

“Sembra che l’innocente Miss Russel abbia una discreta storia alle spalle… Vediamo, c’è un’accusa per truffa in Texas, una per estorsione in Illinois, oh, e quel imbarazzante piccolo arresto per prostituzione ad Atlantic City di qualche anno fa. Io credo che una ragazza debba fare quello che una ragazza vuole fare!!! Ma Ginger è una donna intraprendente, capace di lasciare dietro di se un sacco di buone opportunità come ....mmm....briciole” Ora si sentiva molto meglio, tanto da riuscire a fare uno dei suo leggendari sorrisetto compiaciuti.

Aggrottando un sopracciglio ma non tradendo nessun segno di rabbia, lei rispose “Sicuramente, le impronte registrate sono delle copie perfette”. Alzò le braccia di fronte a sé e agitò le dita. “E sono sicura che c’è qualche bella foto per completare questa patetica piccola pantomina”.

“Oh bé, si, ho speso ben 45 minuti per questo” canzonandola aggiunse “Se le fosse accaduto di essere raccolta dalle autorità locali, sarebbero stati così occupati a provare a sistemare la cosa che probabilmente ci avrebbe messo ore, se non giorni, per vedere la luce del sole.”

Per un interminabile momento I due si fissarono l’un l’altro, l’aria carica di tensione – una alquanto tipica situazione di stallo per due alquanto atipici esseri umani. Poi, mentre mostrava uno sguardo sereno, Parker si avvicinò diminuendo la distanza tra sé e Jarod, e raggiungendolo, lo prese delicatamente per la mascella. Una debole voce dalle profondità dentro di lui stava gridandogli di fare un passo indietro ma il suo corpo non aveva intenzione di farlo. Lei era gelida. Avvicinò il suo viso al suo, pericolosamente, sentiva I brividi salirgli sulla schiena, e strinse la presa alla mascella e agitò la sua testa con aria scherzosa.

“Tu sei pazzo!” lo schernì lei in un tono da ragazzina prima di fare una piroetta e scivolare via dall’uomo ora tremante…

Di fatto accecato dalla rabbia, Jarod barcollò verso di lei e la afferrò. La prese per un braccio e, usando una considerevole forza, la tirò con forza di fronte a sé.

“Ma vai a…! Hai perso la testa!” strillò lei, riportandolo alla ragione e inducendolo ad allentare la presa.

Parker approfittò della situazione per liberarsi il braccio. Sfortunatamente, né lei né Jarod si era accorto che nel corso del loro intenso scontro si erano avvicinati sempre di più alla piscina e che al momento stavano pericolosamente vicini al bordo. La violenza della sua azione tolse ad entrambi dell’equilibrio…Ancora sfortunatamente, quel poco era abbastanza…

Quando riemersero, lei lo aveva per il bavero della camicia. Alla sensazione delle nocche di Parker schiacciate dolorosamente contro la clavicola, uno stordito Jarod si chiese come ci fosse riuscita. Nonostante le sue parole non lo esprimessero, la sua espressione e il suo tono erano minacciosi. Poteva però vedere del umore lampeggiare in quei bellissimi ma mortali occhi. Bé, era abbastanza divertente dopo tutto. Ma, soprattutto, poteva sentire il suo corpo premuto contro il suo, i vestiti bagnati attaccati alla loro pelle e nessuna barriere preventiva tra di loro. Si chiese se lei fosse consapevole di dove fossero le sue mani; era poco propenso a spostarsi, sperò di doverlo fare il più tardi possibile.

“E’ tutto apposto, Miss Russel? Signore?”

Imbarazzati, insieme, Jarod e Parker si voltarono e trovarono una guardia dell’ hotel e una coppia di altri membri del personale, oltre che a un gruppo di altri spettatori in piedi lontani dalla piscina.”Um, si…”rispose Parker piano.

Jarod si accorse che lei era ancora al suo bavero. Di colpo lei lo mollò, gli sistemò il tessuto sgualcito prima di voltarsi e uscire dalla piscina. Sistemandosi il vestito, lanciò un’ occhiata alle persone lì presenti e gli augurò buonanotte prima di andarsene con tutta la dignità possibile data dalla circostanze, lasciandolo solo nell’acqua come un pollo. Nonostante i propri dilemmi, le sorrise in ammirazione,i suoi occhi soffermati sulle sue forme prima che queste sparissero nell’ingresso.

Guardandosi, si chiese come avrebbe fatto a trovare una spiegazione plausibile al fatto che tornava completamente bagnato da una semplice passeggiata notturna. Ricordandosi che non era solo, riportò la sua attenzione agli spettatori mentre anche lui si muoveva verso il bordo della piscina. Con sommo orrore, riconobbe un viso familiare tra di loro, I loro occhi si incrociarono brevemente prima che lei scappasse via rabbiosamente. Jarod esitò un momento – riflettendo sull’efficacia dell’annegamento come metodo di suicidio – prima di tirarsi fuori dall’acqua e andare a correrle dietro.


 
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Nanyscia
view post Posted on 13/7/2005, 17:23




Come da richiesta, capitolo 5

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Land of enchantament
Capitolo 5

“Giuro che è come avere uno sciame personale di locuste.” Parker aprì la costosa borsetta di perle che portava a mo di marsupio e ne svuotò di tutto il suo contenuto, oltre che a una quantità d’acqua di piscina, nel lavandino. Esaminando il suo abito di seta nuovo di zecca, adesso appeso alla bell’e meglio al bastone della doccia, si sedette sul coperchio del gabinetto e, scuotendo il capo, rise stancamente.

^Come faro a farmi vedere ancora qui in giro? Lo ammazzerei – sarebbe l’ora. Aspetta, non dovrò farlo io… LEI lo ucciderà! Giudicando dalla sua faccia, sarà fortunato a vivere ancora stanotte. Non credo che lui abbia realizzato che lei era lì. Oh, lui è COSI’ STUPIDO…^

“Dannazione! NON era mia intenzione rovinarlo per lui!” Alzandosi, puntò alla camera da letto e strappò via violentemente il copriletto prima di salire sul letto. Martellando il cuscino continuo “L’ultima cosa di cui ho veramente bisogno adesso è questo tipo di destino. Non so ancora come, ma la pagherà per questo!” Scagliando un cuscino, poi l’altro, attraverso la stanza, finalmente si sdraiò, immobile, fissando inespressiva il soffitto. Sospirò.

^Lui solo non voleva – non poteva – lasciarla sola. Credo che non avrei dovuto essere così cocciuta. Potevo spiegargli… aspettare un minuto… non è stata colpa mia! E’ lui che si comporta come un lunatico!”

Chiudendo gli occhi, le ritornò alla mente la sensazione del suo corpo su di sé. ^E poi ancora, non hai proprio alimentato una litigata, hai fatto.. hai solo dovuto fare qual commento su di lui…^ Tremò al ricordo delle sue mani che la toccavano scherzose là dove non avrebbero dovuto. Era stata un’azione che, in altre mani, avrebbero potuto essere un disastro, offensivo e minimamente seduttivo. Ma la sua esecuzione era stata impeccabile – un perfetto equilibrio tra tenerezza e ardore – e, Dio l’aiuti, era qualcosa di sconcertante.

“E’ interessante come in una conversazione su Jarod tu parli di sesso”

Sentendo le parole di Sydney riecheggiare da anni prima – dal quel primo vero anno, in effetti, - i suoi occhi si aprirono di scatto mentre urlava “Ah, taci so-tutto-io Fiammingo!”

^E’ una cosa dannatamente buona che la cavalleria appaia quando deve; altri cinque minuti e saremmo potuti finire in una stazione di polizia per atti osceni in luogo pubblico!^

Con questa realizzazione abbandonò ogni speranza di dormire, il cuscino rimanente attraversò l’aria per unirsi agli altri. Gemendo, Parker si alzò dal letto e puntò risoluta verso il mini-bar.

* * * *

“Per lo meno quando noi abbiamo avuto il nostro piccolo “party in piscina” ci siamo fermati prima per svestirci!”

Jarod trasalì alle prime parole di Zoe da quando erano tornati nella loro stanza. Dopo essersi cambiato i vestiti nel bagno, si sedette in un miserabile silenzio in un angolo della stanza a guardarla, in capace di pensare a qualcosa da dire o fare. Gli tornò alla mente una conversazione che c’era stata una volta con il suo mentore, quando era ragazzo.

“Uno deve fare tutto il necessario per evitare l’arroganza, non importa quanto è dotato. Abbiamo tutti il nostro tallone d’Achille. La vita è imprevedibile e ci sono situazioni in cui avere capacità intellettuali superiori non sarà necessario per avere un vantaggio sull’altro.”

“Che tipo di situazioni, Sydney?”

“Quelle in cui pensare non è il miglior modo di trovare una soluzione. E’ difficile da spiegare, Jarod, ma saprai che sarà una di queste vivendola.”

^Ragazzo, Sydney, quando hai ragione, hai ragione!^

Si irrigidì all’ironia della situazione. Per Zoe beccarlo lì, in una piscina tra tutti i posti era… bé, come qualcosa fuori da ogni sua simulazione. Non poteva aiutare ma pensare che – come nell’oggetto di una delle sue simulazioni – lui era oggetto di una punizione per qualche misfatto, ma quale?

“Pensavo tu fossi diverso… speciale. E’ venuto fuori che sei come pensavano!” annunciò lei mentre chiudeva sbattendo la valigia e rompendone le chiusure. “Suppongo che questo spieghi anche la tua piccola sparizione di ieri sera. E, pensandoci, io ero pure preoccupata per te, sono rimasta sveglia per poterti poi consolare e tu… bastardo!” Buttò giù con forza la valigia dal letto sul letto con un tonfo.

Jarod scattò in piedi e si avvicinò a lei “Hai ogni motivo di essere arrabbiata ma per favore prova a calmarti prima di farti del male.”

Facendogli cenno di allontanarsi, lei si lasciò cadere sul letto. “E la tua piccola commissione ad Albuquerque oggi…sbaglio dicendo che era in favore dell’incantevole Miss Russel? Posso venire dai boschi, Jarod, ma non sono così stupida da credere che io sia la prima “damigella in pericolo” che hai salvato e non sarò neanche l’ultima. E io che pensavo di significare abbastanza per te da meritare la tua completa attenzione per qualche giorno. Che stupidaggine!”

“Non è stato stupido… Io… Mi dispiace tanto, Zoe. Io mai…” Jarod non ricordava di essersi mai sentito in modo così orribile come in quel momento. Conosceva la colpevolezza – era l’emozione alla base di tutte le azioni compiute dalla sua fuga – ma mai a quel livello. Questa volta era così… personale. Non c’era nessuno con cui condividere la colpa dell’infelicità di Zoe – non LORO, neanche LEI – lui era il solo e unico responsabile. A quel punto lei abbassò la testa e cominciò a piangere.

“Non è successo niente, lo giuro! E’ una situazione strana, difficile da spiegare…” Jarod si sedette accanto a lei ma attento a non toccarla. “Zoe, per favore guardami.”

Alzando lo sguardo, si asciugò le lacrime e apparve calma, la rabbia aveva ora ceduto il posto alla tristezza. Debolmente disse “Non è per LEI. Chiunque ella sia, non ne ha possibilità… altro che. Vederti lì, con un'altra persona, mi ha costretto ad affrontare qualcosa che avevo provato a nascondere per giorni.”

“Di cosa stai parlando?” Non aveva capito.

“Quando sei venuto a prendermi all’aeroporto di Denver, tu sembravi felice di vedermi. Dopo tutto quello che abbiamo passato – la mia malattia, la tua stramba vita – ho visto il tuo viso e ho pensato che forse, un giorno, avremmo avuto una possibilità. Forse è a causa di tutto ciò che è accaduto, non mi è mai successo nulla di simile…”

“Cosa, Zoe?”

“La ragione per cui tra di noi non funzionerà mai è perché TU non lo vuoi!”
Le sue parole lo colpirono nel profondo. Cominciò a temere di poter sentirsi anche lui le lacrime agli occhi. “E come tu puoi dire questo?”

“Pe.. Perchè tu parli nel sonno, Jarod…” la sua voce si perse tra i singhiozzi mentre lei abbassava la testa ancora una volta.

^IO COSA?^ Non era sicuro di respirare ancora. Quel capogiro, che era diventato parte integrante della sua vita dal suo primo incontro con Parker al bar, ritornò. Afferrò il copriletto con entrambe le mani, tentando disperatamente di mantenere l’equilibrio.

Zoe lo fissò, e a una sua occhiata, commento secca “Si, hai reagito esattamente come pensavo”.

“C… cosa hai detto?” Domandò lui, deglutendo con difficoltà, la voce tremante.

Con una risata sarcastica, lei rispose “Non abbiamo passato molte notti insieme, così come faccio a saperlo? E’ iniziato un paio di giorni dall’inizio della nostra gita, una volta che finalmente avevi preso sonno. Pensavo fosse un incubo – riguardo quei tizi che ti inseguono – e penso che una parte di esso lo fosse. Solo…” La sua voce si fece aspra. “Fino a quando è venuto fuori un certo nome, ancora e ancora, e non sembrava proprio che tu ne soffrissi!”

“E che nome era?” chiese Jarod, con la voce mista a rassegnazione mentre si domandava perché era così preoccupato di aver posto la domanda.

“Prendimi se ci riesci, MISS PARKER!” sghignazzò lei prima di lasciare il letto e precipitarsi nel bagno.

Sentendo la porta sbattere e chiudersi, Jarod seppellì la testa tra le mani.

* * * *

^E’ sempre riuscito a raggiungermi..^

Parker pensava.. mentre si metteva a sedere nel buio, scolandosi il suo secondo scotch. Osservò il fatto che Jarod aveva sempre effetto sulla sua fragile psiche, che ancora una volta qualcosa l’aveva fermata ad entrare in azione per cacciarlo come avrebbe dovuto. Poi finalmente capì, finalmente dopo tutto quel tempo aveva capito. Aveva protetto se stesso tanto quanto lei; lui aveva paura. E questo timore non aveva nulla a che fare con il suo ‘lavoro’ o la ‘situazione’ di lui. Era qualcosa a riguardo di loro due – Jarod e Miss Parker – e del potere che lei esercitava su di lui perché…

“Sono una ragazza.” Sussurrò nel buio, sorridendo al ricordo di quell’adorabile, dolce ragazzo che le aveva permesso di coglierlo di sorpresa… ^E’ ancora lì, solo sotto la superficie…^

Le tornarono alla mente quei suoi occhi bruni di cruda emozione, silenziosamente supplichevoli con lei, la compassione e l’affetto presenti sotto la maggior parte delle circostanze più dolorose. Pensò alle sue doti; più dolce e riflessivo di ogni altro che avesse avuto a che fare con lei, con l’eccezione dei rari tesori che sua madre le aveva dato. Ma, più importante, c’era quell’immagine di se stessa che poteva soltanto riflettersi nei suoi occhi. Malgrado il fatto che lei avesse speso la migliore parte dei suoi ultimi quattro anni a cercare di provarlo di uno dei diritti fondamentali dell’uomo, c’era sempre lui che caparbiamente faceva in modo di confrontarsi con lei.

“Cosa mai avrò fatto per meritarmi proprio lui?” Sorrise, scuotendo la testa all’ironia della domanda. Considerando che, quando si parla di Jarod, tutto ha più di un significato.

* * * *

Quando finalmente emerse dal bagno, gli occhi gonfi e iniettati di sangue e il naso rosso, Zoe trovò Jarod seduto immobile dove lo aveva lasciato. Era chiaro che non era stata l’unica a piangere.
Con tono sommesso dichiarò. “Se lei è in qualche modo immischiata con quei pazzoidi che mi hanno rapito, allora quella puttana non ti merita. Questo stupido mondo non smette di stupirmi!”

Fissandola, Jarod sorrise malinconico e alzò le spalle.

“Adesso muoviti, stupida, ho bisogno di un po’ di riposo. Ho una aereo da prendere tra poche ore.”

Senza un altra parola, si drizzò e spense la luce prima di infilarsi nel letto accanto a lei. Stavano lì in silenzio, lui sdraiato sulla schiena, le testa appoggiata sulle mani, lei sul fianco di spalle rispetto a lui. Per la prima volta da quando era arrivato notò che la stanza era piuttosto esposta alle correnti; c’era un bel freddo nell’aria.

“Nel caso te ne preoccuparsi, non illuderti, non ho intenzione di recitare la replica di quella volta alla scogliera. Se c’è una cosa che ho imparato quest’anno è che, finche respirerò, la vita va avanti. Per di più… tu non sei COSI’ eccezionale” Sbadigliando aggiunse “Oh e, visto che sei ‘insonne’, sarà compito tuo svegliarmi in tempo per arrivare all’aeroporto. Se mi lasci dormire e mi fai perdere l’aereo, ti prendo a calci nel sedere.”

Queste furono le sue ultime parole prima di addormentarsi, lasciando Jarod a riflettere sugli ultimi avvenimenti. ^Bene, lo giuro^ Sospirò. ^Adesso cosa faccio?^

* * * *

“Credo che non tu non debba fare altro che aspettare e stare a guardare. Chi può predire il futuro?” teorizzò Sam.

Guardandosi intorno ansiosa, Parker rispose sarcastica. “Bene, entro breve probabilmente spenderò qualche giorno nella prigione locale. Com’è il sistema penale da queste parti?”

In risposta all’occhiata spaesata di Sam, mormorò “Lascia perdere”. Si sarebbe concessa qualche momento di pazza gioia prima di riprendere le sue vacanze – o resistere all’ira di Jarod – qualunque cosa le riservasse il destino per quel giorno.

“Come puoi evitarlo se il tipo si rifiuta di stare lontano? Immagino che una donna come te abbia avuto numerose esperienze del genere.”

“Difficilmente.” Parker ruotò gli occhi e sospirò “Bé, è fuori dalle mie mani. Ormai se ne sono andati e non c’è niente che io possa fare per cambiare ciò che è accaduto. Per di più, se c’è una persona sul pianeta che riesce a persuadere qualcuno di qualcosa, è Jarod.”

“Forse… se il suo cuore è d’accordo.” Osservò il barista con un sorriso.

* * *

WELCOME TO ALBUQUERQUE INTERNATIONAL SUNPORT

“Sono felice che tu abbia accettato che ti accompagnassi all’aeroporto.” Disse mansueto mentre lanciava un’occhiata prudente alla sua passeggera. Ben poche parole erano corse tra lui e Zoe durante tutta la mattinata e il silenzio strideva.

“Perchè dovrei pagare per un taxi solo perché tu non riesci a tenere a freno là dentro i tuoi pantaloni?” Rispose brusca, fissandolo inespressiva – così come aveva fatto per tutta la durata del viaggio da Santa Fe.

Forse il silenzio non era così male dopo tutto. Stringendo la presa al volante, Jarod inconsciamente schiacciò sull’acceleratore mentre cercava con lo sguardo nella barriera di segni stradali. Non fece ulteriori tentativi di conservazione finchè non raggiunsero l’imbarco.

Mentre lei si votava per prendere la sua valigia, lui gentilmente ma fermamente la strinse con una mano. “Zoe, voglio solo dirti che io…”

“No Jarod. Non spetta a me sentire le tue ragioni ora. Come ti ho detto la scorsa notte, starò bene. Alla fine, non sarò più triste e forse un giorno potrei anche perdonarti…”

“Grazie per la mia.. nostra vacanza. Non la dimenticherò mai” fu tutto ciò che riuscì a dire, con le lacrime che minacciavano di cadere ancora una volta.

Sorridendo melanconica tolse la mano da lui e l’allungo verso una sua guancia. “Bé, se posso dire una cosa su di te, testa di legno, è che tu non ha mai fatto promesse che non potessi mantenere. E poi mi hai pur sempre salvato la vita…” Soffocò un singhiozzo e gli diede un veloce bacio sulla guancia prima di afferrare la sua valigia e voltarsi altrove.

“Arrivederci, Jarod.”

Anche se pronunciate a stento in un sussurro mentre si allontanava da lui, quelle parole risuonavano come se fossero state gridate su una vetta di montagna. La fissò mentre passava attraverso il metal detector e procedeva lungo il corridoio, senza mai voltarsi. Quando lei scomparse alla sua vista lui fece un bel respiro profondo, per poi andare in direzione degli sportelli dei biglietti aerei.

* * * *

“Diamine, stai aspettando una benedizione! O cos’altro, ragazzo mio?”

Sussultando, Jarod alzò lo sguardo per vedere un attempato signore in piedi davanti a lui, con un caldo sorriso stampato sulla faccia. Il luogo era inondato da una splendente luce arancio, segno che il sole presto sarebbe tramontato. Dopo aver acquistato un biglietto per un volo, era sprofondato in una panca della sala d’aspetto e si era smarrito tra i suoi pensieri, perdendo del tutto la cognizione del tempo. Non si era mosso per parecchie ore, e guardando i biglietti dell’aereo tra le mani, realizzò che aveva perso il volo.

“Mi scusi, signore, ha detto qualcosa?” Domandò Jarod educatamente, mentre rialzava lo sguardo.

“Stavi seduto qui, tutto sulle tue, con uno sguardo così serio.. mi stavo domandando a cosa stessi pensando.”

Dopo essersi preso un momento per riflettere, un sorriso spento apparve sulle labbra di Jarod mentre rispondeva “Direttamente all’inferno, penso. Si, signore, direttamente all’inferno!”

Alzandosi di scatto, Jarod batte affettuosamente le spalle dell’uomo ancora piuttosto sbalordito, prima di raccogliere le sue borse. Barcollando verso le uscite, si fermò lungo il percorso per gettare gli adesso inutilizzabili biglietti nella spazzatura.

* * * *

Con uno sbadiglio e una stiracchiatina, Parker completò il suo ritorno alla coscienza. Dopo due notti senza sonno – una per malattia, l’altra per dramma – era esausta e si era presa una bella nottata di riposo. ^Hmmm… Non ricordo l’ultima volta che ho dormito così meravigliosamente…^. Sorrise con soddisfazione mentre lentamente apriva gli occhi.

Quando i suoi occhi furono del tutto aperti, il sorriso sparì istantaneamente per far posto a uno sguardo completamente smarrito. Si stropicciò gli occhi, si tirò sui gomiti per avere una miglior visione di ciò che la circondava. Rimase a bocca aperta.

“Che cosa…”

Sprofondò nel letto e sospirò. ^Beh ragazza mia, che ti aspettavi? Pensavo sarebbe andata meglio. Almeno non vedo sbarre alle finestre.^

Sbirciando sotto le coperte, non era sicura se essere o no sollevata di indossare ancora la sua camicia da notte. Ringraziò di aver scelto di indossare una delle meno provocanti. Guardandosi intorno individuò la sua vestaglia, ben piegata e appesa al retro di una sedia. Lentamente si ritirò su, prendendosi una pausa di un momento e scuotendo la testa, prima di uscire dal letto.

Chiudendosi la cintura della vestaglia, Parker andò esitante verso la porta. Facendo un bel respiro profondo, allungò la mano sulla maniglia solo per sussultare appena la porta si aprì.

“Ah ti sei svegliata. Buongiorno.”

“Sei riuscito a imbrogliarmi… Se questo è odore di caffè appena fatto quello che sento, allora congratulazioni – ti sei appena guadagnato altri cinque minuti sul pianeta! Oh e, se non hai altro da domandare, ti dispiacerebbe dirmi dove diavolo sono?"
 
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view post Posted on 13/7/2005, 18:51

Geek & Cottoncandy
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oh...e finalmente abbiamo detto addio a zoe
ma cov'è miss parker????? sono curiosaaaaaaaaaaaaa
 
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Nanyscia
view post Posted on 13/7/2005, 19:15




Sapessi....

Ti dico solo che Jarod ne ha combinata un altra delle sue...

Desidera mica il capitolo 6...?

Edited by Nanyscia - 18/7/2005, 16:53
 
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Nanyscia
view post Posted on 18/7/2005, 16:06




Capitolo 6

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Land of enchantament
Capitolo 6

^Maledizione, se non è carino quando tiene il broncio!^

Stando sull’uscio della cucina, Parker nascose il suo sorriso dietro a una tazza di caffè mentre guardava Jarod seduto scomodo sul divano, con gli occhi incollati al proprio ventre. Non aveva detto una parola dal loro iniziale confronto nella camera.

Dopo un sorso di caffè dichiarò allegra “Mmmm… Sumatran… il mio preferito, tu lo sapevi non è vero?”. Niente.

“Andiamo, Jarod, stavo solo scherzando quando ho fatto quel commento sull’avvelenamento. Mi sento bene, veramente. Ho avuto sbornie peggiori.” Ancora niente.

“Insomma, che gioco è il tuo? Drogarmi, trascinarmi in una…” si guardò attorno … “alquanto amorevole piccola casa di campagna, e NON parlarmi? Uh-oh, penso sia il momento di contattare l’Alto commissariato per i diritti umani!”. Silenzio.

Era determinate a farlo confessare. “Sei consapevole, vero, che il RAPIMENTO è un reato?”

“Non dirlo!” esclamò improvvisante, lanciandole un’ occhiata fulminante.

Lei si mordicchiò un labbro. “Ti ha mai detto nessuno che sei meraviglioso quando ti arrabbi?”

Sorridendo compiaciuta, entrò in cucina per riempire la sua tazza. ^Ragazzo mio, questo è un ottimo caffè.^

“Così” annunciò Parker mentre ritornava sull’uscio “dal momento che posso ormai escludere ogni possibilità di conversazione, penso che mi farò un bel bagno. Sento la vasca che chiama il mio nome. A meno che, naturalmente, non ne abbia già fatto uno?” Aggrottò un sopracciglio.

“Giusto per sapere.” Aggiunse poi, per rispondere alla continua gelida ostentazione di lui “Mio dio, siamo nervosetti stamattina. Quando è stata l’ultima volta che hai dormito?”

“Oh, è facile. Quand’è che ci siamo incontrati? Quand’è stato, tre giorni fa? Be, sono tre giorni che non dormo.”

“Stai insinuando che sia colpa mia?”

“No, non lo insinuo. E’ così e basta.”

“Beh” sospirò “avresti potuto risparmiarti almeno una notte insonne rinunciando a quella buffonata dell’altra sera.”

“Ti ho detto che voglio risposte, Parker, e intendo averle.”

“Qui non c’è nessuno con quel nome.”

“Ah già…” rispose acido “Comunque nel caso stessi pensando di svignartela…”

“Lo so, Ginger finirà per passare il resto della settimana in prigione” terminò di fatto lei mentre scivolava verso il bagno. Fermandosi sull’uscio si voltò per aggiungere, “Lo sai, Jarod, se tu volevi che ti accompagnassi a Taos, tutto quello che dovevi fare era chiedere.”

“E tu avresti accettato… si certo, non sarebbe mai successo” brontolò.

“Bene, adesso penso che non lo sapremo mai, d’accordo?” commentò lei prima di chiudere la porta e chiuderla dietro di sé.

Aprì l’acqua per poi svestirsi. Togliendosi la camicia da notte, improvvisamente si sentì a disagio nello spogliarsi con Jarod così vicino a lei. ^Oh insomma Parker, lui è entrato e uscito regolarmente da casa tua per anni. Questa probabilmente non è la prima volta…^ Aggrottò le ciglia al pensiero solo per farlo seguire da uno ancora più sconvolgente. ^Non ho visto una porta all’ALTRA camera.^

Stringendosi nelle spalle, si liberò degli slip e si piegò per chiudere l’acqua. Individuò una bottiglia di bagnoschiuma profumato – gardenia – e, ridacchiando con piacere, ne spruzzò qualche goccia nell’acqua prima di immergersi. Sprofondando, mugolò soddisfatta mentre l’acqua calda avvolgeva il suo corpo e veniva inebriata dal delizioso odore.

Parker fu però riportata alla realtà da un colpo alla porta. “Cosa!”

Schiarendosi la voce Jarod disse timidamente “Mi è venuto in mente che dovrei dirti di non lasciare la porta chiusa a chiave”.

“Mi stai prendendo in giro?”

“La scorsa notte tu eri, um…” si schiarì ancora la voce “piuttosto tranquilla. Stavo pensando a eventuali effetti residui.”

Ruotando gli occhi lei lo rassicurò “Te l’ ho detto, sto bene. Non c’è bisogno di preoccuparsi, Jarod, non avrai un cadavere di cui disfarti. Prometto di non annegare.”

“Passo a controllare tra qualche minuto.. nel caso…”.

“Fantastico, giusto quello che ci voleva per un bagno rilassante!” ^Dovevi proprio fare quel commento su di lui! Dovrebbe essere già qui, proprio dietro la porta!^ Esasperata, lei velocemente si lavò corpo e capelli prima di immergersi del tutto nella vasca.

Uscì dal bagno per trovare che Jarod stava veramente lì ad aspettare. Appoggiandosi sulla spalliera del divano con le braccia incrociate e lo sguardo fisso nella direzione di lei, i loro occhi si incontrarono per un attimo prima che lui distogliesse io suoi, portandoli su una macchia sul pavimento vicino ai suoi piedi.

“Sei veramente un lavoraccio, lo sai” dichiarò lei mentre si trascinava nella camera da letto e chiudeva la porta per bene, lasciando Jarod ad assaporare l’odore di gardenia che lei di diffondeva dal bagno dietro di lei. Si meravigliò alla vista di Miss Parker così informale e intima – indossando solo la sua vestaglia, la pelle rosata per l’acqua calda, i capelli raccolti a chignon.

Rifletté un momento, seguendo con il piede sinistro un nodo particolarmente grande del parquet prima di raddrizzarsi e uscire dalla casa, con a porta che si chiudeva dietro di lui con un ponderoso ^thwap^!

* * * *

Parker aveva i suoi tempi per vestirsi. ^Mi chiedo cosa gli esperti di moda raccomandino al momento per gli ostaggi…^ Alla fine decise per un paio di pantaloni aderenti – con la chiusura laterale – neri. Per sopra optò per una canotta lavanda pallido. ^Niente reggiseno oggi.. lasciamolo soffrire^ Ridacchiò. Faceva parte del completo anche un cardigan, ma non lo indossò. ^Adesso so come fregarti, non è vero?^ Le si adattava perfettamente, come un guanto, così come i pantaloni.

Non si preoccupò altrettanto invece per le scarpe. ^Tanto non posso andare da nessuna parte!^. Si mise del profumo ^Profumo abbastanza di gardenia…^ e si truccò, per poi portare la sua attenzione su i suoi capelli bagnati. Non sapeva proprio come asciugarli ma non l’attraeva di certo l’idea di capelli umidicci per tutto il collo. I suoi capelli dovevano essere sempre perfetti e impeccabili. Pensandoci un attimo guardandosi allo specchio, prese una decisione.

* * * *

“Allora capo, qual è il programma per oggi?” chiese attraversando la porta appena aperta. Seduto su i gradini, Jarod le lanciò un occhiata sbalordita mentre lei lo raggiungeva nella veranda.

“Cosa?” Domandò lei divertita.

“I tuoi capelli!”

“Cosa c’è? Non sapevo come asciugarli così ho dovuto improvvisare. Di solito non vado in giro conciata così.”

“Non prendermi in giro!” Non credeva ai suoi occhi. Parker si era legata i capelli in due trecce; ognuna annodato con un nastro nero di raso. Continuava a fissarne i fiocchi.

Agitando una treccia gli spiegò allegramente “Complimenti a Chanel – è riuscita a ficcare dei fiocchi dentro la mia borsa dei cosmetici – il loro regalo per tutti i miei acquisti…”

I suoi occhi si lasciarono trasportare lungo i suoi informali quanto impeccabili abiti. Si chiese come ci riuscisse – a far si che ogni capo d’abbigliamento indossato le stesse così bene da indurlo a pensare che ci fosse nata. ^Quel corpo starebbe bene anche con un sacco di patate. Il suo ventre… salve ancora, è sempre un piacere. Dio, LEI è appena sotto lì… Posso vederlo… non ha freddo?

Dovrebbe mettersi un maglione o qualcos’altro… oh, Dio!” Poté sentire il suo viso arrossire così velocemente si voltò per nasconderle il suo rossore. Non fu rapido abbastanza.

“Grazie per i complimenti, Jarod. Il Cashmere mi dona, non è vero?” lo prese in giro mentre si buttava su uno dei mobili della veranda, una poltrona di vimini imbottita di cuscini. “Mmmm… comodo” dichiarò, soddisfatta che il completo così accuratamente scelto avesse raggiunto l’effetto desiderato.

Jarod aggrottò le ciglia. La giornata sarebbe stata molto lunga…

* * * *

Parker stava rovistando in un mucchio di riviste. “Cosmo, Vogue, ah… Soldier of Fortune”

“Non volevo che tu ti annoiassi così ho effettuato una selezione, riflettendo su i tuoi interessi e i tuoi hobby.”

“Intelligente, non divertente, ma intelligente.”

Con questo una lunga ora di silenzio fu rotta.

“Ho fame. Che cosa c’è per pranzo?”

“Che ne so io!”

“Scusa?”

“Ascolta: la cucina sai dov’è. Tutto funziona, il frigorifero è pieno. Fai quello che fai di solito per pranzo.”

“Chiamare Broots e ordinargli di portarmi qualcosa?” domandò lei con una vocina innocente, sbattendo le palpebre.

Le scoccò un’occhiata seccata. “Quello che fai nel weekend, a casa.”

“Di solito dormo.”

“Bene, allora non te lo impedirò.” ^Forse avrò così un po’ di pace…^.

“Così hai intenzione di farmi morire di fame… non molto simpatico da parte di un padrone di casa.”

Pensandoci un momento aggiunse, “Alla luce dell’altra notte, è consigliabile che io non salti i pasti.”

“Ti ho mai detto che spina nel fianco che sei?” brontolò Jarod mentre si alzava dal divano.

“Ora lo so!” Rise divertita mentre i suoi occhi seguivano l’infuriato uomo nella cucina.

* * * *

La testa di Parker si muoveva a ritmo mentre lei si sedeva, occhi chiusi, per ascoltare il suo lettore CD e cantare da sola. Forse, proprio forse, non sarebbe morta di noia dopo tutto. In effetti, c’erano poche possibilità che accadesse con tutti i passatempi che Jarod a suo modo le aveva procurato.
Il suo morale stava pian piano salendo, e lei stava a godersi la vista. Di solito con le sue bravate agiva per auto-difesa o in servizio di un più alto scopo, e normalmente per impartirle una lezione o darle qualche ghiotta informazione. Ma non quella volta e lui lo sapeva, lei lo sapeva, e, cosa importante, lui sapeva che lei sapeva. E, essendo lui una persona testarda, avrebbe continuato a intrattenere legami finchè niente si fosse rotto o esploso, sempre che lei glielo avesse permesso. Sorridendo alla prospettiva di una vacanza migliore delle sue più selvagge aspettative, alzò la voce di un decibel quando cominciò la canzone successiva.

*I'm not a virgin anymore!
I just thought you should know
Darlin' I been around
Yeah, I been up and down your block
In fact, I have been all over town
Down by the lake
And underneath the table in my living room
Outside by the blue, blue moon
You can call me what you will
Call me a slut
Call me a jaded pill
Darlin' I got your number now
I'm not a virgin anymore!*

Aprendo gli occhi, le prese un colpo nel vedere Jarod di fronte a lei, le braccia incrociate, la fronte corrugata.

“Dio mio, quasi mi facevi venire un attacco di cuore!” esclamò nello sfilarsi le auricolari.

“Non ho avuto tutta questa fortuna. Stavo provando ad attirare la tua attenzione per cinque minuti. Non è colpa mia se te vuoi rovinarti così. Può renderti sorda, lo sai. Quanti anni hai… sedici? Non mi sembra.”

“No, non li ho, ma posso ancora ascoltare del rock ‘n roll” rispose lei sfacciatamente.

“Simpatico… ascolti questa roba per Debbie Broots? Stai interpretando proprio un bel ruolo.”

“Signore mi aiuti, sono stata rapita da Pat Robertson!” Ruotò gli occhi. “No, non l’ascolto per Debbie. Posso trattarlo male a lavoro ma, quando si parla di quella ragazzina, ho sempre rispettato e assecondato i desideri del mio adorabile idiota.”

Scegliendo di ignorare l’importuna fitta di gelosia suscitata dall’uso del possessivo, lui commentò “Si potrebbe pensare che tu sia interessata a nutrire un differente tipo di immagine.”

“Di che diavolo stai parlando? E’ solo una canzone, Jarod… una delle tante di un CD. L’artista, beh, le sue canzoni sembrano risuonare.”

“Oh davvero” sghignazzò lui

“Perchè, Jarod, stai insinuando che io sono una sgualdrina?” lo rimbeccò lei piegando leggermente la testa.

^Come sono riuscito a cacciarmi in questo campo minato?^ “Non ho intenzione di dar peso a questa domanda con una risposta. In ogni caso, il pranzo è pronto.”

“Certo che no. E’ il tuo tipico modo di terminare una conversazione – che TU hai iniziato – quando non ti piace la direzione che sta prendendo.” Imperterrita, continuò “Lo sai, probabilmente non avrò la vita sessuale che tutti – Sydney, Broots, Papà, TE, pensiate. Diavolo, di questi tempi anche un topo di laboratorio ne ha una più attiva della mia. Chi l’avrebbe mai detto? Il mondo è proprio matto! Qual è il prossimo passo, Broots alla Playboy Mansion?” Ridacchiò.

“Vuoi pranzare o no?” Cercando disperatamente di cambiare argomento, si mise le mani ai fianchi in segno di frustrazione. Dovette sopprimere una potente voglia di scomparire.

“Va bene, va bene… non ti scaldare.” Sentendo il suo panico crescente, Parker decise di lasciar perdere; aveva fame. “Ad ogni modo, cosa c’è per pranzo? Sento un buon odore…”

* * * *

“Mmmm… dove hai imparato a fare le tortilla? No lascia perdere, non credo di volerlo sapere. Non hai intenzione di mangiare niente? Lo sai, Jarod, che un uomo non può vivere di sole PEZ.”

^Così, siamo tornati ai monologhi… sta cominciando a diventare noioso.^ Sospirando in rassegnazione, finì il suo pasto in silenzio. Ma poi, la vista di quel uomo con la coda tra le gambe seduto di fronte a lei la spingeva a provare ancora.

Osservò “Chiaramente devi riconoscere l’assurdità della situazione, trascinandomi qui e dandomi questo trattamento di silenzio me nel contempo procurandomi tutto quello di cui ho bisogno e desidero. E’ tutto fuori da ogni logica, non ha nessun senso.”

”No, non ne ha.” Ammise lui senza però guardarla.

“Vorresti parlarmene? Dai che ti costa, siamo qui e non c’è nient’altro da fare.”

“Parlare di che cosa?” Alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi per la prima volta da quando si era seduta per il pranzo. “Dopo tutto, abbiamo così tante cose di cui parlare. Potresti, per esempio, dirmi cosa veramente stai combinando e potremmo porre termine a questa assurdità immediatamente. O piuttosto, potresti compiere la tua buona azione della settimana e dirmi tutto quello che sai riguardo a dove provengo, chi sono veramente e perché LORO mi vogliono così disperatamente indietro.”

“No, non posso.”

“Significa che non lo farai.”
“Ok, hai ragione, non lo faro. Perchè non posso. E’ piuttosto difficile per una persona fornire risposte che non sono in suo possesso.”

“Quindi non abbiamo nient’altro da dirci.”

“Oh, non sono d’accordo. Potremmo parlare di quello che è successo la scorsa notte… Mi dispiace, Jarod, veramente. Da quello che posso dirti, Zoe mi sembra una brava ragazza. Certo, in effetti mi è sembrata un po’ contrariata… ma sono sicura che quando non è arrabbiata sia molto simpatica.”

Non c’era traccia di sarcasmo nella sua voce – solo gentilezza – gentilezza che fu come un coltello nel cuore di lui. Sentì ancora salire la rabbia, rabbia mista a vergogna. Non poteva sopportare il suo sguardo così a lungo così si alzo allontanandosi dal tavolo.

“Cristo, qual è il tuo problema? Chiaramente, ci è stato qualcosa l’altra notte e penso che dovremmo parlarne.”

Ridendo amaramente, Jarod si voltò verso di lei. “HA! Questo è ridicolo. Molte “situazioni” si sono presentate nel corso degli anni tra noi ma mai prima d’ora hai voluto discuterne. Non lo sai che è contro le “regole”? Certo che lo sai; lo hai scritto tu quel dannato libretto!”

“Veramente lo abbiamo scritto insieme, non è così?” replicò lei.

Se gli sguardi potessero uccidere, lei lo avrebbe ucciso prima di toccare il pavimento. A ciò seguì un gelido silenzio, intervallato solo dal rumore di Jarod che cominciava a lavare i piatti.

Avvicinandosi, Parker si offrì “Per lo meno potrei farlo io? Mi sembra giusto dal momento che tu hai cucinato. Non mi dispiace dare una mano, lo sai; è solo che se io avessi cucinato, saremmo finiti entrambi in terapia intensive… e con un sacco di spiegazioni da dare una volta ripresa conoscenza.”

Lui si voltò “Smettila! Smettila!”

Colta di sorpresa, Domandò “Smettere cosa?”

“Di essere così dannatamente tranquilla e… gentile!”

Sgranando gli occhi dalla sorpresa, lei Domandò “Preferiresti che ti ringhiassi, insultassi, minacciassi?”

“Si, lo preferirei, perché per lo meno potrei capirlo. Gesù, Parker, ti ho RAPITO!” Un senso di nausea lo pervase nel dirlo.

“Jarod, penso che dovresti sederti” Parker lo implorò “Per favore.”

Ignorando la sua richiesta lui scoppiò in un impeto d’ira “Alla veneranda età di 40 anni, sempre se, nei fatti, sia la mia vera età…” Chiuse gli occhi un momento per provare a calmarsi un attimo. “Mi prendo la mia prima vera vacanza. E chi appare? Nient’altro che la donna che passa il suo tempo a darmi la caccia come a un animale, la donna che vuole rinchiudermi per il resto della mia vita. Solo NON è lei… ma E’ lei…. Ma la VECCHIA lei… ma NON la vecchia lei perché la vecchia lei era una ragazza… ma QUESTA… LEI di certo NON E’ UNA RAGAZZA!”

^Mio Dio, sta balbettando come Broots!” Parker aveva gli occhi fissi su di lui.

“E quando questa mia spina nel fianco di materializza, lei è improvvisamente dolce e deliziosa e tutto nell’Universo sembra essere in armonia con lei. Affascina tutto l’inferno dei camerieri e dei baristi, per non parlare delle casalinghe e dei giovani aspiranti scrittori!”

^Allora quel bel ragazzo è uno scrittore, huh? Uao… aspetta un minuto!^ Pensò di interrompere Jarod per chiedergli come diavolo facesse lui a saperlo ma decise di non farlo. Che differenza faceva, dopo tutto?

”Non appari interessata per niente a catturarmi e riportarmi indietro. In effetti, non sembri interessata a molto che non a goderti la tua vacanza. Così, genio che non sono altro, ho risposto invadendo la tua privacy, avvicinandomi a te nel mezzo della notte, minacciandoti di gettarti in prigione!”

“Ok, ma non l’ hai fatto” lo interruppe.

“No, invece…” si guardò intorno “L’ ho fatto!”

“Vorresti dirmi perché?”

"No."

“Andiamo, poi ti sentirai meglio”

“No, non lo sarò.”

“Come sai che non lo sarai?”

“Perché è stupido.”
“Potrai essere un sacco di cose ma stupido non è tra queste. Te lo chiederò un’altra volta. Perché mi hai portato qui?”

“Perchè avevo bisogno di capire… capire perché mi tormentassi riguardo il fatto di non essere solo, ma non in modo sgradevole, ma scherzosamente come immagino farebbe un’amica. Avevo bisogno di sapere perché tu sembri felice di vedermi e perché hai anche FLIRTATO con me, come… ai vecchi tempi… anche se tu sapevi dannatamente bene che io ero qui con qualcuno, scopandoci ogni cinque minuti! Tu solo non sembravi…” Non poteva permettersi di completare il pensiero ne tantomeno finire la frase.

^Adesso la cosa si sta facendo interessante!^ Parker premette una mano contro le labbra per nascondere la risata che sapeva sarebbe nata malgrado i suoi tentativi migliori di soffocamento..
Emettendo qualcosa tra un gemito e un sospiro lui concluse “Mi è tutto così chiaro…”

“Cosa?” Domandò lei con un tono basso e suadente.

“Che TU, più di tutti, sei molto più allegra di quanto lo sia io in questi giorni. E, tu ne sai qualcosa, mi infastidisce non poco!” Colto il punto, Jarod batté un pugno sul tavolo, colpendo il manico di una forchetta dimenticata e scaraventandola attraverso la stanza. Con gli occhi spalancati, Parker seguì la sua traiettoria fino a quando questa atterrò in un angolo lontano.

“Sei sicuro che non vuoi che faccia i piatti?” chiese lei mentre i loro occhi si incontravano di nuovo. Un secondo dopo entrambi si sciolsero simultaneamente in una risata.

”Scopato, Jarod? Mio dio, abbiamo imparato proprio delle belle paroline da quando ci siamo buttati nel mondo!” provò a dire tra le risate mentre si muoveva per andare a recuperare la forchetta.

“Ci sono tali differenze nel linguaggio delle persone che provengono da differenti regioni, etnie, realtà economiche e sociali da restarne affascinati. Divertente, non l’avevo mai usato prima. Effettivamente lo trovo piuttosto rude.” Spiegò serio.

^Dio, se continua a essere così… dolce… avrò bisogno di un colpo di insulina.^ “Comincio a pensare di avere una cattiva influenza su di te.” Così dicendo gli lanciò la forchetta, la quale fu da lui afferrata e gettata nel lavandino.

“Sei decisamente una cattiva influenza.” Rispose lui, lanciandole un occhiata che era timida e maliziosa allo stesso tempo.

“Fuori!” indicò la porta “Penso che tu ti sia stancato abbastanza.” Con un cenno del capo e un sorriso, lui acconsentì.

“Oh, e Jarod” lo richiamò “se mai dirai ad anima viva che ho fatto una faccenda domestica, ti strapperò il cuore e te ne faro nutrire, siamo intesi?”

* * * *

Parker attraversò in punta di piedi il soggiorno, dove Jarod stava immobile sul divano con gli occhi chiusi. Non era sicura se stesse dormendo ma ad ogni modo non voleva disturbarlo. Sapeva che anche se lui si arrendeva al sonno sarebbe stato in ogni caso bene allerta; doveva sempre stare attento a quel che accedeva nei suoi dintorni. Sapeva tante cose di lui, probabilmente quasi quante ne sapeva lui su di lei.

Silenziosamente si infilò nella camera da letto, decidendo di lasciare la porta aperta dietro di lei per dissipare ogni dubbio che avesse intenzione di combinare qualcosa. Non voleva. E lui aveva veramente bisogno di riposo o sarebbe stato peggio per lei. Entrando vide un piccolo oggetto sul suo cuscino e sorrise. Era un’offerta di pace da parte di Jarod, un dono in risposta a quello da lei dato pochi giorni prima.

* * * *

“Sei riuscito a dormire alla fine?” Domandò Parker senza alzare lo sguardo quando Jarod la raggiunse nella veranda. Era ormai tardo pomeriggio.

“Un po’, almeno credo.” Rispose lui assente, distratto dalla vista della sua opera di ritocco allo smalto dei piedi. Non sembrava gradire l’operazione.

Frustrata borbottò “Per questo Dio ha creato le estetiste.”

“Via, lascia” esclamò, sedendosi accanto a lei sul divano. Lei gli lanciò un’occhiata inquisitoria mentre lui allungava una mano.

“Dammelo.” Fece cenno alla bottiglietta di smalto. Rimettendo il pennello nella bottiglietta, gliela mise rapida nel palmo aperto. Prendendolo si spostò verso l’altro capo del divano e batté dei piccoli colpi sulle proprie gambe.

^Si sta prendendo gioco di me…^

“Allora, che cosa stai aspettando?”

“Allen Funt“

“Chi?”

“Lascia perdere” sospirò, mentre si girava e stendeva le gambe sul divano, attenta a sistemare i piedi, di tutti i posti, proprio in braccio a Jarod.

Parker lo guardò con un misto di divertimento e ammirazione mentre lui delicatamente sollevava un piede e, con la concentrazione e la precisione di qualcuno che sta disarmando una testate nucleare, applicava veloce un fresco strato di smalto. ^Se solo Sydney potesse vedere questo… scommetto che l’articolo che ci scriverebbe sopra farebbe vincere a Freud un biglietto di prima classe per Vienna!^ Provò a pensare a qualcosa che la distrasse dal sentire le gambe di lui contro la pianta del piede lasciato in disparte, per non parlare di quello che era tentata di fare con quel piede. Quel che Jarod face subito dopo certamente non aiutò. Lui esaminò il suo lavoro e, soddisfatto, soffiò delicatamente sulle dita per asciugarle.

^OH MIO DIO!^

Jarod le lanciò un’occhiata interrogativa mentre lasciava un piede e sollevava l’altro. Non era stata in grado di reprimere un leggero sussulto alla sensazione del suo tiepido respiro sulle sue dita. Parker tentò di nascondere il suo sguardo sorpreso e si concentrò sul proprio respiro, pregando che non scoppiasse. Si sforzò di sorridere il più tranquillamente possibile prima che lui richiamasse la sua attenzione. ^Scommetto che il piccolo topo sa esattamente ci sta facendo… chi se ne importa?^ Mordendosi le labbra, lei attese ardentemente il momento nel quale avrebbe concluso con l’altro piede. Lui non la deluse.

Completo il suo progetto, Jarod si piegò e andò a poggiare la boccetta di smalto sul pavimento. Parker fece un movimento per alleggerirlo dei suoi piedi ma lui le fece cenno – poggiando le proprie mani sulle sue caviglie – che non era necessario. Stavano seduti in silenzio, Parker piegata all’indietro e con gli occhi chiusi, Jarod che invece stava dritto. Di tanto in tanto lui avrebbe voluto accarezzare la sua pelle, suscitandole un sorriso malizioso che neanche lui avrebbe potuto scegliere di ignorare.

Alla fine, Parker interruppe il silenzio. “Ho avuto il tuo regalo. Mi stavo chiedendo se tu abbia afferrato il significato del mio piccolo dono. Mi pare di sì.”

“E’ l’uccello ufficiale del New Mexico – un perfetto souvenir per una fanatico di PEZ” pigolò lui.

“Anche io l’ ho pensato. Ma mi riferivo al significato più profondo.”

“Una volta, nel mezzo di alcune simulazioni, sono capitato per caso su Cartoon Network e ho finito per guardarlo per 72 ore filate.”

“Perchè non sono sorpresa di sentire una cosa del genere?” Ruotando gli occhi aggiunse, “Sarà bello avere un piccolo compagno di viaggio, uno che mi capisce. Noi siamo, dopo tutto, spiriti simili… ogni giorno come quello prima mentre apriamo l’ultima spedizione dalla ‘Acme’, sempre dietro a un effimera e FASTIDIOSA preda. Hey, forse dovrei provare a lanciarti un’incudine sulla testa…”

“Questa è una delle cose che non ho mai capito – perché lui è così ostinato a seguire una strategia che, volta dopo volta, si rivela inefficace. Chiunque può vedere che un ingombrante pezzo di metallo non può rivelarsi un’arma efficace.”

“Ancora, come me, lui non impara mai veramente dai suoi errori.” Risero.

“Oh, io non direi. Sembra che tu abbia capito qualcosa.”

“Yeah, ma solo chi vivrà vedrà cosa.” Osservò enigmatica lei prima che il silenzio regnasse ancora una volta.

# # # #
 
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view post Posted on 18/7/2005, 16:37

Geek & Cottoncandy
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molto bello quest'ultimo capitolo I WANT MORE!

CITAZIONE
“Ti ha mai detto nessuno che sei meraviglioso quando ti arrabbi?”

sbaglio o è una ritrattazione di quello che dice Lyle alla sua adorata sorellina
 
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Nanyscia
view post Posted on 18/7/2005, 17:28




No non sbagli
Parker è in vena di citazioni XD
Purtroppo il capitolo 7 non è ancora pronto, ma ti anticipo un paio di chicchette

CITAZIONE
"Quando la vita ti da limoni, fanne limonata!"


CITAZIONE
“Okay, ho capito, tu pianifichi la mia vita sentimentale ma non mi è permesso di discutere la tua.”
 
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Nanyscia
view post Posted on 21/7/2005, 11:02




Land of enchantament
Capitolo 7

“Be, questo certamente è stato un giorno produttivo” Parker sbadigliò nell’entrare in cucina dove trovò Jarod intento nelle preparazione delle cena. Stiracchiandosi aggiunse, “E’ quasi buio. Che ore sono?”

“Direi circa le 8:30. Non ho controllato.” rispose lui mentre lanciava una furtiva occhiata alla pelle nuda del suo busto, buona parte della quale si scoprì mentre si stiracchiava.

“Credo di averti svegliata. Scusa.”

“Nessun problema.” La verità era che non c’era nulla di più pazzesco di sedere lì con lei, tenendo le sue mani su I suoi piedi nudi, riscaldandoli, guardando il suo sonno e ascoltando il ritmo del suo respiro. Si era sentita abbastanza al sicuro, talmente rilassata con lui da cadere addormentata praticamente tra le sue braccia. Era meraviglioso essere così vicino a lei, più vicino di quanto fossero mai stati da quando erano bambini, beh, senza nessuna arma di sorta al seguito di uno o dell’altro o, in qualche caso, di entrambi. Dovette letteralmente sforzarsi per alzarsi e cominciare a preparare la cena. “Stavi abbastanza al caldo?”

“Si, grazie per avermi coperta” rispose lei sedendosi al tavolo della cucina. “Posso aiutarti con qualcosa?” Jarod scosse la testa e fece un profondo sospiro.

“Cosa?”

“Tutta questa civiltà. E’ strano.”

“Lo so, ma non sono dell’umore giusto per le nostre solite acrobazie verbali. Sarà normale per te ma, personalmente, lo trovo un po’ esauriente."

“Davvero? Ma se sei così in brava in questo!”
“Si, beh, sono in brava in un sacco di cose che non necessariamente mi piacciono. Per di più, hai dipinto le mie unghie” si guardò piena d’ammirazione i piedi “Penso che questo sia un momento decisivo nella nostra relazione.”

“Relazione? Noi abbiamo una relazione?” Si voltò verso di lei e non provò neanche a nascondere il suo godimento per le sue parole.

“Tra noi c’è sempre stata una relazione, Jarod. Non sto dicendo che sia una SANA relazione – effettivamente non penso che sarei in grado di identificare una relazione sana se ne vedessi una.”

“D’accordo, è così. Chi sei e cosa ne hai fatto di Miss Parker?”

“Se sarai un bravo ragazzo, forse te lo dirò.” Rispose lei compiaciuta.

“E cosa, esattamente, deve fare un bravo ragazzo?” Jarod chiese mentre si fissavano negli occhi. Rapidamente lui si riprese, schiarì la voce e cambiò argomento. “Ti stai comportando veramente bene per essere una che è stata strappata, contro la sua volontà, da un albergo a quattro stelle”.

“Beh, questo posto non è così male e il caffè è meglio…come dice il proverbio, quando la vita ti da limoni, fanne limonata. Forse non l’ hai mai sentito, non penso che nessuno sotto i settanta lo usi più… Jarod, che c’è che non va? Jarod? Hey, stai attento! Ti stai…”

"Ow!"

Parker si alzò di scattò e afferrò la mano di Jarod prima che lui se ne rendesse conto, esaminando la scottatura sul suo dito. “Che cosa diavolo hai combinato? Hai seriamente bisogno di darti una calmata; mi preoccupi!” lo sgridò mentre trascinava stordito al lavandino. Poteva vederne la carne viva cominciare a riempirsi di vesciche mentre apriva il rubinetto e spingeva la sua mano sotto il getto d’acqua.

Come si ritrovarono al lavandino lui si mosse istintivamente più vicino a lei, i loro volti erano solo a pochi centimetri di distanza quando lui le chiese in modo nostalgico “Hai mai avuto un banchetto delle limonate quando eri piccola?”

“Stai scherzando? Quando io ero in età da banchetti delle limonate, LUI mi faceva gestire una mia piccola società. E poi, quello è qualcosa che i ragazzi fanno con i loro amici e il mio unico amico era…” Alzò lo sguardo su di lui e sorrise melanconica “Non disponibile.”

Appoggiò la sua fronte sulla sua spalla “Lei è così dolce e così divertente. Lei non è per niente come te.” Parker rise.

“Io intendevo…”

“Tranquilla, so cosa intendevi.”

“E’ solo che… lei… noi due… non ha niente a che fare con il mio passato… QUEL POSTO… quando eravamo insieme era solo “qui e ora” … suppongo fosse egoista da parte mia anche solo volerla vedere di nuovo – voglio dire, cosa posso offrirle, cosa posso offrire a chiunque – se non posso aiutare me stesso. E’ qualcosa… qualcosa solo per me. Riesci a capirmi?”

Parker si scostò, gli sollevò il mento e lo guardò fissò negli occhi “Si, ci riesco.” Lei non aveva più bisogno di dire nient’altro; lui però sapeva a cosa, o piuttosto a chi, lei stesse pensando.

^Dio, Parker, penso che tu sappia come controllarti… Piccola nota: NON ACCENNARE AI LIMONI!^ “Credo che la tua vecchia amica abbia scelto un momento piuttosto inopportuno per riapparire. Mi dispiace, Jarod”

Lui la strinse in un forte abbraccio. “Mai, mai e poi mai chiedere scusa per questo” sussurrò “per favore”

“Uh, Jarod…” ansimò lei “un po’ d’aria per piacere?”

“Mi dispiace!” Si staccò da lei, rosso in viso.

“E’ tutto okay, davvero.” Chiudendo il lavandino, Parker gli ordinò “Ora siediti così posso dare un’occhiata a quel dito.” Lui si diresse al tavolo e si mise seduto; lei si sedette accanto a lui, girando la sua sedia per averlo davanti prima di reclamare l’estremità ferita.

“Avevi ragione, sai. Quando la cacciatrice e la preda si trovano nello stesso luogo, l’unico che veramente deve andarsene è la preda. L' ho capito nel momento in cui ho posato gli occhi su di te; il momento in cui mi sono fermato invece di girarmi e sparire.”

“Lo so” rispose lei con un sospiro. “Penso che abbiamo bisogno di medicarlo. Potresti prenderti una brutta infezione.”

“Tu davvero non credi che io sia in grado di starti lontano, non è vero?”

“Non credo. C’è un kit di pronto soccorso o qualcosa del genere da qualche parte?”

* * * *

“No, grazie” Rispose Jarod mentre si controllava il dito bruciato che Parker gli aveva fasciato prima di cena.

“Suvvia, solo uno..” lo supplicò lei mentre appariva all’uscio della cucina. Tra le braccia riusciva in qualche modo a tenere un tagliere di legno, un coltello, un paio di limoni e due bicchieri, con una bottiglia di tequila infilata sotto il braccio.

“Lo sai che io di solito non consumo bevande alcoliche.”

“Yeah, beh neanche io, di solito, siedo a cena con la mia preda quindi credo che entrambi dobbiamo avere una nostra prima volta stasera. Per di più, sembri più disposto dell’altra mattina.” Si avvicinò al divano dove lui stava seduto. “Un piccolo aiuto sarebbe molto gradito.”

Jarod si allungò e la aiutò con il suo carico per poi piegarsi ad appoggiare gli oggetti sul tappeto di fronte a lui. “L'altra mattina ero semplicemente un po’ più socievole”

“Questo è divertente, io non stavo bevendo drink alcolici e tu non hai preso drink che non DOPO che io me ne andassi.”

“Allora diciamo che stavo testando l’efficacia di un metodo tipico di Parker – quando le cose si fanno complicate, attaccarsi alla bottiglia. Mi sono sempre chiesto se fosse buona come soluzione. Non lo è.”

“Ouch! Questa è stata un tanterello cattiva. Ad ogni modo, non capisco come tu possa arrivare alle conclusioni basandoti su una sola esperienza.”

“Ricordi con chi stai parlando? Quando metto la mia mente all’opera, posso arrivare alle conclusioni basandomi su NESSUNA esperienza.”

^Così, siamo tornati al nostro piccolo gioco, non è vero? Non penso sia così!^ Con un rapido movimento Parker arrivò al divano, o per essere più precisi, in braccio a Jarod, divaricando le sue gambe su di lui, mettendo una mano sulla sua spalla, e con l’altra afferrandolo per il mento. Da parte sua, Jarod lasciò le proprie braccia lungo i propri fianchi, terrorizzato per il fatto di non riuscire a resistere alla tentazione di toccarla e anche più da quello che sarebbe potuto succedere se l’avesse fatto.

“Oh, tu berrai questo drink, Jarod, a meno che tu non voglia che ti faccia del male.” Ringhiò, le sue labbra vicinissime a lui. “Ho voglia di un drink e non lo berrò da sola. Inoltre, se ne bevo troppo, potresti ottenere quello per cui sei venuto qui.” Lo provocò con un sorrisetto malizioso.

“Cos…?” Non riusciva a mettere a fuoco. Il suo odore era dannatamente buono! E il modo in cui si sentiva…

“Risposte, Jarod, a cosa pensi mi riferissi?” lei gi mollò uno ghigno della serie "Ti ho beccato" da rivaleggiare con uno dei suoi mentre saltava giù dal suo grembo.

*Immaginavo che, dopo tutti questi anni, mi avrebbe fatto una domanda del genere^ “Oh” rispose Jarod con un sospiro.

“Sauza… ottima scelta” esclamò aprendo la bottiglia. Ora lei stava seduta a gambe incrociate ai suoi piedi. “Per essere uno che non beve, conosci bene la tequila.”
“Sam mi ha detto che ti piace.”

“Buon vecchio Sam. Mi dispiace di non aver avuto la possibilità di dirgli ‘arrivederci’”

“Mi dispiace, Parker, non avevo proprio diritto di…”

“Smettila di lagnarti, Jarod, non scusarti. Se cominci a chiedere scusa ancora poi io sarei tentata di cominciare a scusarmi anch’io e, per la vita che ho condotto, se comincio poi non usciremo MAI sa qui! Facciamo che è stata annunciata un’ amnistia generale, almeno per questa settimana. Ti va bene?” Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di lui.

“Si, va bene” Sorrise di rimando.

“Adesso porta il suo sedere qui a terra così potrò mostratri il modo corretto per bere una buona tequila!”

* * * *

“Oh, Jarod…” mormorò Parker in risposta alla confessione – un ora e tre bicchieri dopo – che egli non aveva detto a Zoe chi lei fosse veramente.

“Cosa posso dirti, Parker, ho mantenuto il tuo segreto… l’ ho sempre fatto.”

Lei non sapeva come rispondere a un’affermazione del genere così scelse di non farlo. Rimase in silenzio, sdraiandosi sul tappeto di fronte al divano, godendosi la sbornia. La testa di Jarod stava accanto alla sua, il corpo di lui steso nella direzione opposta. Dopo un momento, lui fece una dichiarazione.

“Mi sento appiccicoso.”

“Ti avevo avvertito di stare attento con il limone.”

“Lo so, era solo per dire…”

Parker ruotò il capo per fissarlo così che lui si trovò faccia a faccia con lei. I loro volti erano a pochi centimetri di distanza, entrambi fissavano l’immagine invertita dell’altro. Le labbra di lui erano circa al livello dei suoi occhi, quando lei notò un pezzo di course salt all’angolo della sua bocca. Lei lo coprì con la mano e lo tolse, un’ondata di senso di colpa si impadronì di lei quando si accorse che lui aveva leggermente tremato al suo tocco.

“Zoe… penso che dovresti dirle la verità. E’ così… disonesto. Dopo tutto, lei sta soffrendo a causa di un equivoco.”

“Preferirei non discuterne ulteriormente se per te va bene.” Riportò lo sguardo sul soffitto.

“Questa è una persona che si è conquistata una certa fetta di permanenza nella tua vita, beh, questo significa qualcosa, non è così? Chiaramente, lei significa abbastanza per te da farti rischiare la tua libertà, per non parlare della sua sicurezza, pur di rivederla ancora…beh?”

“Così, hai ascoltato.”

“Solo chiacchiere, sai, dicerie. Non ero esattamente nella posizione adatta per ulteriori dettagli. Non si fidavano molto di me in quei giorni. Cosa posso dirti – mio fratello è un sadico idiota. Sono solo felice che lui e la versione cattiva del Dr. Dolittle non abbiano avuto la possibilità di farle del male.”

"No, non sono l'unico che si merita questa dubbia distinzione”

“Andiamo, Jarod, dopo un viaggio con quei due, potrei pensare che lei abbia una vaga idea di quanto stramba sia la tua vita. Se lei sapesse che la donna con cui ti ha beccato – beh, Gesù, sarei io - proviene dallo stesso luogo di Lyle e Cox, allora penso che lei dovrebbe sperare di…”

“Ti ho detto che preferirei non parlarne.” La interruppe, la voce più insistente.

“Okay, ho capito, tu pianifichi la mia vita sentimentale ma non mi è permesso di discutere la tua.”

“Parker!” La guardò di rimando meravigliato. Lei in risposta aggrottò un sopracciglio.

Fissandola ancora, sospirò “Okay, ma ti pentirai di aver sentito questo come io mi pentirò di averlo detto. Anche se riuscissi a convincerla a rivedermi, ad ascoltarmi – e fatti recenti suggeriscono che ha un temperamento che le permetterebbe di tenerti testa – non farebbe molta differenza se poi la mettessi al corrente della tua vera identità. Questo le farebbe solo altro male, ed è qualcosa che non sono preparato a fare.”
Parker si voltò, appoggiando la testa su un gomito.

“Ah si?”

“Hai detto che lei sta soffrendo a causa di un equivoco. Ora come ora, lei è probabilmente l’unica tra i coinvolti che non soffre.” Commentò lui con un sorrisetto ironico.

“Stai parlando per indovinelli, Frankenboy!” Parker usò il braccio libero per dargli un colpetto alla spalla.

“Beh, ho scoperto di avere una piccola stranezza.. Non so se è qualcosa che si è sviluppato di recente o se l’ abbia sempre fatto. Mi devo ricordare di chiedere a Sydney.”

“Cosa?”

“Parlo nel sonno.” La guardò fissa negli occhi.

"Oh," rispose lei sorpresa per poi, dopo aver riflettuto un momento, sgranare gli occhi. "Oh!" Tornò a sdraiarsi sul pavimento. Parker sentì una fitta di eccitazione allo stomaco. Se i suoi sogni erano in qualche modo come i suoi… ferma baby!

“Questa è stata, più o meno, la mia reazione.” Confidò Jarod stancamente.

“Penso di aver bisogno di un altro drink.” Dichiarò lei, anche se dubitava che l’intera Repubblica del Messico potesse produrre abbastanza tequila per farle dimenticare una rivelazione come quella. Nessuno dei due si mosse più verso il bar improvvisato vicino a loro; l'aria sembrava farsi più pesante.

“Stanca?” chiese gentilmente Jarod dopo quello che lui aveva calcolato essere un intervallo appropriato.

“No. Tu?”

“Non molto, ma tu dovresti provare a dormire un po’”

“C’è una sola camera da letto in questo posto. Dove…”

“Sul divano. E’ abbastanza comodo, davvero.”

“Dov’è la tua roba?”

“In quell’angolo lì.” E la indicò.

Sporgendosi lanciò un occhiata alle sue borse. “Lavori leggero.”

“Sono sicuro che tu sappia il perché”

“Non vedo l’ Halliburton.” [L’ Halliburton è quella borsa grigia con cui Jarod guarda le sue simulazioni N.D.Nanyscia] osservò lei con noncuranza mentre si ristendeva sul tappeto.

“E’ perché non è qui.”

“Veramente? Dov’è?”

“Bel tentativo.” Lui sorrise.

“La forza dell’abitudine, credo.” Sospirò e, stiracchiandosi, si sistemò seduta e cominciò a sciogliere il fiocco nero di una delle sue trecce, sciogliendola, per poi scuotere e pettinarsi i capelli con le dita, prima di ripetere l’operazione dall’altro lato. Jarod piegò la testa per guardarla, sorridendo mentre si godeva lo spettacolo.

Lei si sistemò sul pavimento e sospirando soddisfatta.

“Pensavo che avessi intenzione di andare a letto.”

“Non ho mai detto questo. Ho dormito tutto il giorno, Jarod. Sei tu quello che sta provando a battere il record mondiale di privazione del sonno.”

“Così, dimmi,” la fissò di nuovo, “Il tuo nuovo nome è un omaggio a quell’attraente rossa di quel programma televisivo, sai, quella abbandonata su un isola insieme ad altri? Se è così, potresti spiegarmi perché qualcuno dovrebbe spendere tutto quello che possiede per una crociera di tre ore?”

Parker ridacchiò. “Alcune cose sfuggono a una spiegazione, caro il mio ragazzo delle meraviglie, anche per le menti geniali! E, no, non è da lì che ho preso il nome. Ho adottato questo nome in onore di qualcuno che conoscevo, qualcuno che una volta significava molto per me.”

“Davvero?” Il suo interesse stava salendo. Quanto pensava di sapere su di lei, stava cominciando a realizzare di aver a malapena scalfito la superficie.

“Quando non andavo a scuola, durante la mia adolescenza, passavo la maggior parte delle mie vacanze con una ragazza. Non avevo molti motivi per tornare a casa… LUI era sempre così indaffarato… sempre a lavoro. Così, andai a Chicago con Susan e passai un periodo con la sua famiglia – una meravigliosa, amorevole famiglia. Erano tutti così gentili con me, e poi c’era un alquanto eccentrica e attempata zia, anzi in realtà credo fosse la zia del padre di Susan, che spesso andava a trovarli. Dio, era qualcosa che.. penso sia stata una flapper negli anni 20 [flapper = ragazza emancipata e anticonformista N.D.Nanyscia] e un aviatrice, durante la Guerra. E, per qualche motivo, aveva una particolare simpatia per me. Veniva nella mia camera di notte e chiacchierava con me. Mi diceva che poteva vedere tanto dolore nei miei occhi ma che non avrei dovuto preoccuparmi. Disse che avevo un anima bella e coraggiosa e che avrei trovato un giorno la mia strada. Quella vecchia signora svitata mi faceva sentire importante, speciale; non mi ero sentita così speciale da quando Mamma…”

“Ginger” disse Jarod piano.

“Sì, Ginger. Diceva che era un nome assurdo per una vecchia signora ma che lei non gliene importava nulla. Diceva anche che lei avrebbe indossato minigonne fino al giorno della sua morte, al diavolo il decoro!” Parker sorrise.

“Così, sarò per sempre in debito con lei.”

“Per cosa?”

“Per il piacere di vederti girare arrabbiata in minigonna. E’ davvero qualcosa da non perdere.”

“Ha, molto divertente”

“Sono serio, è sempre stata un situazione in pareggio per me, Parker. Se qualche volta ho evitato di farti arrabbiare, fantastico, riuscivo anche ad ottenere qualche raro sorriso, sebbene niente in confronto a quello che ho visto questa settimana. Se no, beh, sei davvero bellissima quando sei arrabbiata. Jarod ottiene sempre una ricompensa in qualche modo.”

“Stupido.” Il suo commento venne con un sorriso.

“Basandomi sul mio comportamento di questa settimana, potrei essere d’accordo per l’uso di questo sostantivo..”

“Puoi MAI essere SERIO?” Parker rise.

* * * *

Più tempo passava, più alcol veniva consumato. Rimasero nella loro comoda posizione sul tappeto, la tequila scorreva di qua e di la per le loro coscienze finchè non trovarono il modo di tornare all’argomento precedente.

“Così, che cosa successe a Susan? So che non è più presente nella tua vita, almeno da quando io vi sono tornato, puoi parlamene.”

“Cominciai a sentirmi troppo vicina a lei, e alla sua famiglia, e questo mi spaventò. Così…” sospirò “In quello che era tristemente destinato a diventare il mio tipico comportamento autodistruttivo, la spinsi lontano da me. Era una ragazza molto determinata a seguire la propria strada e io non avevo niente di ciò, almeno non all’inizio. Ma tu mi conosci, quando penso che qualcosa…”

“Che cosa hai fatto?” Domandò lui con il suo miglior tono inquisitorio.

“Le rubai il fidanzato.” rispose lei timidamente, trasalendo un po’ e mordicchiandosi il labbro.

“Devi decisamente fare qualcosa per questo, Parker” sospirò lui, ricordandosi di una sua colpa simile.

“Penso che le abbia fatto un favore a lungo termine. Lui era un bastardo di prima categoria, a dirla tutta. Tuttavia, questo le spezzo il cuore. Ma tutto ciò è stato tanto tempo… una vita… fa.”

“Chicago? Non era quel giovane ad Albuquerque, quello che è stato è stato quasi picchiato a morte, di Chicago?”

“Date un premio al ragazzo! Sì, Micheal è il fratello minore di Susan. Dopo tutti questi anni, avevo deciso di provare a riallacciare i rapporti con lei, sperando che lei avesse voglia di rivedermi ancora, darmi un’ altra possibilità, anche se pensavo che questo fosse più di quello che mi meritavo. Allora l’ ho rintracciata attraverso l’ufficio alunni della scuola. Come c’era da aspettarsi da lei, mi aveva perdonato già molto tempo fa ed era semplicemente deliziata di rivedermi. Ma sembrava così triste allo stesso tempo. Sono andata a trovarla un weekend a Cincinnati ed è stato allora che mi ha parlato del lavoro che svolgeva suo fratello ad Albuquerque, provare a portar via i bambini sfruttati dalle strade. Ma quando ce l’aveva quasi fatta un criminale locale – uno che usava i bambini, per lo più fuggiaschi, per vendere droga e quant’altro – decise che il suo lavoro gli dava troppi fastidio. Mikey è stato picchiato così duramente che probabilmente gli ci vorranno un paio d’anni per riprendersi, sempre se mai lo farà.”

“Mikey?” Jarod sorrise.

“Era un ragazzino molto carino. Gli piaceva seguirmi e ripetermi che ero la ragazza più carina del mondo intero. Quando il padre di Susan morì un paio di anni prima, sua madre si spostò a Cincinnati per essere più vicina a lei e alla sua crescente famiglia – ha avuto tre bambini. Quando Mikey è stato ferito, hanno deciso di sistemarlo in una clinica di riabilitazione in Ohio così che potessero stare con lui durante il ricovero. Sai, quando siamo andati a trovarlo, lui mi ha detto che ero ancora la ragazza più carina del mondo intero.”
Le parole le uscirono a stento dalla gola. “Giuro su Dio, Jarod, ho quasi ucciso quel figlio di puttana. Lo volevo davvero; c’ero così vicina” confessò, la voce rotta dall’emozione.

“Ma non l’ hai fatto. Non devi avercela con te, Parker. Non essere troppo dura con te stessa. Conosco la tentazione; credimi, l’ ho provata più di una volta. Per di più…” allungò una mano, le asciugò una lacrima dalla guancia e sorrise, “questo sarebbe stata una violazione delle regole”

^Oh Dio, ancora quello sguardo…^ “Penso di aver bisogno di una boccata d’aria.” Con questo, Parker si alzò e vacillò leggermente, premendosi una mano sulla fronte. “Oddio, credo di non reggere la roba che ho usato.” Si voltò e andò verso il portico.

Jarod si alzò e la seguì immediatamente. Si trovava in uno strano stato – incapace di sopportare, anche solo per un minuto, di occupare uno spazio dove lei non fosse.
Lei stava in piedi sull’uscio del portico, appoggiata contro una trave di legno, e fissava il cielo stellato. Lui pure era in piedi, subito dietro di lei, ascoltandone il respiro e respirandone il profumo. Giurava di poter sentire anche il battito del suo cuore, o forse era il suo, o forse era di entrambi. Chiuse gli occhi e con un profondo respiro, quasi un sospiro, le accarezzò I capelli per poi raccoglierli in una profumata, morbida coda e vi affondò il viso. ^Il paradiso… o sono morto e questo è il paradiso o sto sognando.^
Anche lei chiuse gli occhi e sorrise. ^Qualcuno ha bevuto un po’ troppo.^ “Va tutto bene, lab rat?”

“Sei reale? Se no, se sto sognando, e qualcuno mi sveglia, allora penso che poi mi ucciderei” mormorò nelle sue mani e nei suoi capelli.

“Mentre posso assicurarti che non sono un sogno, non penso di essere in grado di valutare la tua sanità mentale.” Scherzò lei, aggiungendo “Siediti, Jarod, prima di cadere, e io ti racconterò una storia.”

# # # #
 
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view post Posted on 21/7/2005, 15:06

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mmmm interessante

CITAZIONE
Se no, beh, sei davvero bellissima quando sei arrabbiata.


ma lyle doveva metterci il copyright su questa frase! la usano tutti! bellissimo quando per nominare cox, parker dice "la versione cattiva del Dr. Dolittle "

vai avanti eh
 
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Nanyscia
view post Posted on 21/7/2005, 19:00




Quella frase ormai è una massima di vita XD
A me ha fatto morire in due punti

CITAZIONE
“Sì, Ginger. Diceva che era un nome assurdo per una vecchia signora ma che lei non gliene importava nulla. Diceva anche che lei avrebbe indossato minigonne fino al giorno della sua morte, al diavolo il decoro!” Parker sorrise.

“Così, sarò per sempre in debito con lei.”

“Per cosa?”

“Per il piacere di vederti girare arrabbiata in minigonna. E’ davvero qualcosa da non perdere.”

“Ha, molto divertente”


Si, anche noi ringraziamo moltissimo Ginger XD

CITAZIONE
“Che cosa hai fatto?” Domandò lui con il suo miglior tono inquisitorio.

“Le rubai il fidanzato.” rispose lei timidamente, trasalendo un po’ e mordicchiandosi il labbro.

“Devi decisamente fare qualcosa per questo, Parker” sospirò lui, ricordandosi di una sua colpa simile.

“Penso che le abbia fatto un favore a lungo termine. Lui era un bastardo di prima categoria, a dirla tutta. Tuttavia, questo le spezzo il cuore. Ma tutto ciò è stato tanto tempo… una vita… fa.”


Com'è che non ne sono sorpresa? XD
 
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view post Posted on 25/7/2005, 20:11

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ehi ma aquando il nuovo capitolo?
 
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