Ecco qui, mi è arrivata l'ispirazione. Quindi ecco a voi l'ultimo capitolo di questa ff, grazie a chiunque l'abbia letta ed in particolare ad Aleki che ha diligentemente commentato ogni post
!
Lyle si svegliò di soprassalto, con il fiato corto e sudato. L'aveva sognata.
Dopo essere stato nella baracca, aveva rimesso a posto tutto ed era andato a dormire tra i suoi lenzuoli di seta. Guardò velocemente la sveglia lì a lato: erano le 2 di notte. Lyle si passò la mano sul volto e poi rimase qualche minuto a guardare il buio.
Lasciò andare un sospiro ed uscì dal letto. Aveva addosso solo una maglietta sportiva e i boxer e rabbrividì mentre si dirigeva verso la cucina. Prese un bicchiere e lo riempì d'acqua dal rubinetto, ma mentre stava per portarselo alla bocca notò che la sua mano stava tremando. Riappoggiò il bicchiere e cercò di calmarsi.
"Andiamo basta. Bevi questa dannata acqua e poi torna a dormire." Persuadendo sè stesso fece come aveva appena mormorato.
Si riaddormentò in pochi minuti...
FLASHBACK: molti anni prima.
Gli spazzini avevano finito da tempo di pulire la casa e lui ora se ne stava seduto sul divano a guardare la parete bianca davanti a sè. Non riusciva a provare emozioni, e questo gli sembrava davvero strano visto che era una persona emotiva. Forse era stato troppo.
Forse non proverò mai più nulla.
Pensò Lyle mentre rimaneva ancora immobile su quel divano. Nessun rumore o suono attraversava l'aria.
Un respiro, un altro.
Lyle chiuse gli occhi prima di alzare la pistola che aveva in mano portandola alla tempia, rivelando quali fossero i suoi pensieri.
Armò il cane, sempre ad occhi chiusi, ormai era un killer esperto, anche se l'ultimo sparo non sarebbe stato un omicidio, no, l'ultima pallottola l'avrebbe dedicata a sè stesso.
Fece un ultimo respiro prima di aumentare la pressione dell'indice-
-il telefono suonò in quel momento.
Lyle aprì gli occhi ed abbassò la pistola. Si riscosse leggermente ed allungò la mano per prendere il ricevitore. "P-pronto." Gli sembrava di aver appena ingoiato un intero set di lamette da barba.
"Il signor Lyle?"
"Sì."
"Dovrebbe venire in sede. Abbiamo un nuovo incarico per lei."
"A-adesso?"
"Sì, sarebbe di massima urgenza."
Lyle guardò la pistola con occhi sgranati e chiuse la comunicazione.
Mezz'ora dopo era alla sede londinese del Centro. Era ancora all'entrata quando una giovane ragazza, probabilmente della sua età, gli si avvicinò.
"Sono felice di conoscerla signor Lyle."
Lui la guardò un po' di sbieco, non capiva cosa ci facesse lì una ragazza bionda ossigenata e con in bocca un lollipop, forse aveva sbagliato strada per il concerto delle Spice Girls?
Vedendo che il ragazzo non accennava a parlare lei continuò. "Sono stata assegnata ad un progetto con lei. Mi chiamo Brigitte." La ragazza le tese la mano e lui gliela strinse.
"Quale progetto? Ancora non sono stato informato."
"Venga, anche io ancora non so di che si tratta, devono spiegarcelo ora."
In quel momento il cellulare di Lyle squillò. Iniziava a spazientirsi. Prese il cellulare dalla giacca.
Brigitte "Raggiungimi quando hai finito, stanza 201." Gli fece un occhiolino e poi scomparve.
Lyle sbuffò e rispose al cellulare. "Lyle."
"Non pensavo che ci avresti messo così tanto tempo."
Lyle corrucciò la fronte non collegando la voce a qualcuno che conoscesse, ma poi spalancò gli occhi. "Rains...cosa vuoi dire? Perchè mi stai chiamando?"
"Ho saputo che ti sei finalmente sbarazzato dell'asiatica. Quella era una prova, ma l'hai superata. Ora sei ufficialmente un Parker."
Lyle diventò ancora più confuso, oltre che essere incredibilmente furioso. "Cosa vorrebbe dire questo? Cosa centrano i Parker?"
Rains "Lo scoprirai figlio mio..."
Lyle lasciò cadere dalla mano il cellulare, restando immobile in mezzo all'atrio principale mentre il telefono si schiantava al suolo frantumandosi in mille pezzi con un rumore sordo.
ADESSO
Lyle si svegliò di nuovo. Come prima madido di sudore ed affannato. Guardò la radio sveglia: le 3 di notte. Si mise una mano sul petto mentre quasi scappava dalle lenzuola. Andò in cucina e riempì di nuovo un bicchiere ma prima di berlo lo scagliò contro il muro. Si mise le mani tra i capelli, respirando affannosamente. Si appoggiò poi al frigorifero vedendo il riflesso di sè stesso sulla porta-finestra della cucina.
Prese velocemente il telefono e compose un numero familiare.
"Mandamene un'altra Hando. Sì, subito."
Chiuse la comunicazione e si accasciò contro il frigo. Stando a terra si prese la testa fra le mani. Era consapevole di cosa stava per fare, ma non poteva fermarsi, non poteva. Ne avrebbe uccisa un'altra, era l'unico modo.
L'unico modo per sopravvivere nel suo personale inferno.
THE END
(for now)